domenica 3 marzo 2013

Addio a Montreal (Gechi, Canada-Italia)

Doveva rappresentare un grande cambiamento e alla fine lo è, ma non come inizialmente aspettato. Un inverno lungo, freddissimo, molto produttivo con gli studi e la pratica di massoterapia e con l'introspezione necessaria per capire dove voglio andare, cosa voglio fare. E così torno a Padova e comincio qualcosa di nuovo.
E adesso sono un turista, un viaggiatore in una città stremata dal ghiaccio ma che vibra già in attesa della primavera. Pare che qui le terrazze dei caffè aprano in marzo, anche se fa freddo, la gente non ne può più di aspettare. Intanto io sono tornato varie volte alla Maison de thé Camellia, con un amico che se ne intende un po'. Ieri abbiamo sorseggiato un tè cinese, dal nome impronunziabile, con un rito che prevede ben cinque tappe: si versa l'acqua bollente da un termos su una teierina di ceramica con le erbe (precedentemente macerate); si contano 15 secondi, poi si versa, anzi si appoggia a testa in giù la teierina su una caraffetta; si aspetta che coli tutto, poi si versa il tè dalla caraffetta in un vasetto cilindrico; si appoggia una tazzina a testa in giù sopra il vasetto, si rovescia ed ecco versato il tè; prima di berlo, si annusa il vasetto appena svuotato per apprezzare gli aromi e i richiami olfattivi. Mi è venuto in mente un'immagine: bere il tè così, rispetto a un espresso, sta alla differenza tra fumare la pipa o le sigarette. Vabbeh, a ciascuno il suo.
Accanto alla sala c'è la boutique, dove si acquistano tè sfusi da tutto il mondo. Sembra una di quelle farmacie di una volta, con scaffali pieni di barattoli tutti uguali che però i "consulenti del tè" conoscono a memoria. Ci fermiamo con uno di loro, che ci parla di certi tè come fossero vini (il tè che avevo bevuto aveva un'annata precisa). Ne descrive il bouquet come un poeta che parla di memorie, reminiscenze - mi trovo di fronte al Marcel Proust degli infusi. Da sogno.

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