venerdì 7 dicembre 2012

La pianta del tè (Gechi, Montreal, Quebec)


Una mia amica lavora in una sala da tè in centro, Camellia Sinensis, e oggi sono finalmente andato a vedere. Da solo, perché avevo provato ad invitare due donne diverse prima, ma bisogna scegliere quella giusta e loro non lo sono.

Il posto è stupendo, molto legno e colori caldi, atmosfera accogliente, intima e sommessa. Sono vietati cellulari e computer, per degustare una tazza di tè e una conversazione in pace, a un ritmo più lento, con raccoglimento. Il rito del tè, insomma. Il menù offre dozzine di varietà con nomi esotici - io ho preso la Perla del Drago, al gelsomino. Ho anche gustato una deliziosa torta al cioccolato, chiamata Divina Fusione. Alla mia destra, una coppia di donne parlava in inglese; alla mia sinistra, due ragazze parlavano con accento francese europeo, mentre io scrivevo copiosamente su un quaderno certi miei ricordi, una specie di riassunto della mia vita che fa parte di uno dei corsi del programma di massoterapia (molto lavoro introspettivo è richiesto, perché non si può dare agli altri se non ci si conosce bene e non si prende cura di sé stessi).
La musica era discreta, i camerieri, chiamati "conseillers de thé", gentili e silenziosi, e ti danno un campanellino per chiamarli quando sei pronto a ordinare. Alle tre di pomeriggio le due salette erano piene e io ho trovato l'ultimo tavolo libero. Il profumo di gelsomino mi accarezzava il cervello. Il tè è servito in teiere di vario tipo e tazzine piccolissime cinesi, per centellinarlo senza che si raffreddi. Tornerò ancora in quest'oasi di pace.

sabato 24 novembre 2012

Brrr (Montreal, Quebec)

Dopo tanto tempo ritorno al pezzo. Primo, per co-festeggiare coi vicini statunitensi la vittoria di Obama.

È da tanto che non scrivo e nel frattempo è arrivato l'inverno qui a Montréal. Inverno per me, ma il peggio deve ancora venire. Comunque a 2-3 gradi posso benissimo andare in bici, anzi il parka che mi protegge mi fa anche sudare dopo un po'. Gli scarponi artici li ho comprati in un negozio dove il servizio è come d'altri tempi; il padrone ti calza il piede, ti segue, ti consiglia e, dopo l'acquisto, ti accompagna alla porta e ti stringe la mano.
Finché non nevicherà, io vado in bici per le strade di questa bella città mezza europea e mezza canadese. I cartelli delle piste ciclabili indicano che sarà possibile parcheggiarci le auto dal 1 dicembre al 31 marzo, quindi non si prevedono molti ciclisti per ben 4 lunghi freddi mesi. Come farò? Intanto però qua non piove quasi mai, mai visto tanto sole in 20 in Canada. E la gente, eh qui sono tanto come noi, espressivi, cordiali, pazzerelloni, affettuosi. Alla mia prima festa a Montréal ho ballato con musica disco fino alle tre di notte - chissà quando fu l'ultima volta che andai a dormire a quell'ora.
Sto facendo amicizie con una facilità mai sperata tra gli anglofoni. Aiuta molto frequentare un corso intensivo in cui vivo esperienze forti con altre persone e questo ci sta legando molto.
Primi fiocchi di neve oggi… ahí ahí ahí…

domenica 18 novembre 2012

Silvia. Il prossimo viaggio.


Atterriamo in due città diverse, in due momenti diversi, ma nello stesso continente, nello stesso paese. Partirai di nuovo, ma intanto viviamo insieme questo bell'autunno. Ci addormentiamo tardi, la notte, perché ci piace parlare. La mattina invece ci alziamo presto per andare a lavoro. 
In questa stagione di licenziamenti delle commesse un lunedì mi suona il telefono. Mi chiamano a fare qualcosa che amo, il lavoro che sento mio. 
Così tutto il giorno i bambini mi chiamano maestra. E tu la sera mi chiami per sapere cosa ho preparato per cena. La buona riuscita dei miei piatti è una scommessa che perdo volentieri, mentre tu ridi e ti assicuro che anche stasera avevo cucinato con amore. 
Oggi, dopo colazione, andiamo alla stazione. 
Ti faccio ciao con la mano e decido che non scriverò più. Abbandono il romanzo dei nostri continui viaggi, del perdersi e del ritrovarsi. La scrittura ci ha a lungo tenuto in scacco coi suoi gorghi affascinanti e terribili, non voglio più vederci vivere sulla carta. Le nostre ferite colossali le curerà questo autunno, il prossimo inverno, o il prossimo anno. Forse, il prossimo viaggio. 

mercoledì 7 novembre 2012

Ce l'ha fatta (Felice, US)

Sarà difficile che mi dimentichi del grido di cinquanta adolescenti all'annuncio della vittoria di Obama. E' stato contagioso, e mi ha travolto e coinvolto. Le lacrime di due ventenni nere hanno suscitato le mie. Non scorderò neanche quelle. Mi hanno fatto capire meglio cosa stava succedendo. E' stata una vittoria della speranza. La politica veniva dopo. Ha vinto la volontà di concedersi una possibilità nuova, e il rifiuto di affidarsi ad un passato rassicurante ma comunque ingiusto e oscuro. Ecco cos'era la strana calma, ai limiti del torpore, del giorno prima delle elezioni. In realtà era una molla che si stava caricando e ad un certo punto desiderava solo saltare. Lasciarla lì, compressa, avrebbe voluto dire lasciarla arruginire senza che potesse rilasciare la sua energia. Ma alla fine ce l'ha fatta. Si  è liberata di tutta quella energia con un grido.

lunedì 5 novembre 2012

Domani ci sono le elezioni (Felice, US)

Notte pre-elettorale. Non c'è nè tensione nè attesa spasmodica nell'aria. Ora che scrivo mi rendo conto che con i colleghi, l'argomento non lo abbiamo toccato per tutto il giorno. I giornali danno la notizia in evidenza, ovviamente. Ma insieme alle altre. L'enfasi dei giornali italiani è sproporzionata rispetto alla stampa locale. Già durante i dibattiti televisivi mi ero reso conto, ad un certo punto, che mi sono portata dietro dall'Italia la smania della politica, della partigianeria. Una sera, infatti, mi sono ritrovato insieme ad altri due italiani a vedere il dibattito fra i candidati. Amici, conoscenti, colleghi americani non hanno spostato impegni o annullato cene per l'occasione. I giornali hanno fatto un pò di propaganda, giusto per vendere qualche copia in più, si sa come vanno queste cose. Ma, di nuovo, i giornali italiani l'hanno fatta molto più lunga. C'è sicuramente un elemento importante, che credo di aver capito, della società americana. Il mito americano è quello della persona che si fa da se. Ed in questo, Obama sicuramente incarna il mito. Questo comporta che la politica non è poi troppo importante, sicuramente non è più importante di altre cose. Si, lo so, lo so. Alla fine tutto dipende dalla politica. Ma gli americani non delegano alla politica il proprio destino. Non si aspettano che il governo gli dia il lavoro. Gli americani chiedono alla politica le condizioni per crearselo da soli il benedetto lavoro. Quindi, niente spasimi. Niente nottate elettorali. Niente proiezioni elettorali e spoglio in diretta. In TV stasera non ci sono programmi speciali. Strano. Ma è la verità. Ma perchè noi italiani diamo tanta importanza ai politici da trasformarli in rock-star? E aver bisogno ogni giorno della loro parola? Del botta e risposta? Degli urli?. Le nostre stesse pagine Facebook, a confronto con quelle di tutto il resto del mondo, sono dei siti di propaganda politica continua.  Ma perchè gli diamo così  tanta importanza? Se gliene dessimo un pò di meno di attenzione, loro, i nostri politici, sarebbero migliori. Ne sono sicuro.

domenica 21 ottobre 2012

Silvia. Dall'altra parte del pianeta. E ti vengo a cercare.


Ci lasciamo una notte d'estate su una strada provinciale. E non c'è niente di più triste. Ore giorni settimane il cambio dell'armadio il cambio di stagione e tante cose per non pensare.
Poi arriva l'autunno. 
Domenica sera. Esco da lavoro e vado dritta alla macchina, decisa a tornare a casa prima possibile. Nove ore di centro commerciale, di stare un po' male, di voler urlare e non poterlo fare. 
Mi sento chiamare mi fermo mi volto. Sei te, e sorridi. Deve essere una legge speciale, per cui chi si lascia sulle strade provinciali si ritrova nei parcheggi dei centri commerciali. 
E così succede che sei lì, e sorridi e sorridiamo e mi dici che stai per partire per un altro viaggio di lavoro. C'è solo il tempo di un concerto insieme, qualche giorno dopo, una sera in cui piove, o forse la pioggia è solo nella mia memoria. Poi parti e non si sa bene quando torni, o semplicemente non ho capito io. 
E mentre sei dall'altra parte del pianeta, al centro commerciale è di nuovo domenica, è sempre domenica. Perchè qui la domenica è come il lunedì, e non c'entra nulla con la canzone di Morrissey. Nessun giorno è silenzioso e grigio. Lavoriamo sempre, ci sono luci troppo forti dappertutto e la musica ci segue anche in bagno.
Ma poi, la sera, quando esco tardi, l'aria è fresca e chissà perchè mi ricorda il mio tempo felice a Berlino. Le passeggiate notturne lungo il canale, o da una fermata all'altra della metro, quando era troppo tardi anche per l'ultima corsa. Dopo i concerti le feste gli amici, dopo la musica e la birra. In quella città solenne e bellissima che se ci penso troppo piango.
E allora cambio pensiero e penso a te, che sei dall'altra parte del pianeta, e dormi quando io lavoro, e lavori quando io dormo. Che dormo di traverso nel letto grandissimo. E non lo so se ci ritroveremo di nuovo, nonostante tutti i chilometri che in questi anni non hanno fatto altro che dividerci, e non so se arriverà il giorno in cui lavorerò mentre lavori anche te, e la notte sarà la notte per entrambi. E chi lo sa se il fuso orario sarà annullato finalmente per sempre, per noi, un giorno. 
Così anche questa domenica sta per finire, e mi preparo a dormire, nel letto grandissimo da sola di traverso. Che tra qualche minuto è lunedì e si continua a lavorare. Ma questa domenica è diversa. Perchè decido che domani, quando torno a casa, la sera, con l'aria fresca, faccio la valigia. 

sabato 6 ottobre 2012

Autunno a Montreal, Quebec (Gechi)


Sto gustando una fetta di pumpkin pie, il dolce alla zucca che si mangia il Giorno del Ringraziamento (maddecheahò), quando Linus aspetta nel suo orto sincero l'arrivo del Grande Cocomero (Great Pumpkin, nell'originale). Qui si festeggia molto prima che negli Usa. Domani la cena di rito, solo che invece di tacchino faccio risotto alla zucca barucca e pollo marinato e arrosto.
Cena moderna di famiglia "estesa", cioè mia figlia, sua madre, il suo partner e un'amica in comune. Nessun problema, siamo molto rodati. Sono appena arrivato a Montreal e non è che conosca gente. Frequento un corso intensivo di massoterapia e ho fatto amicizia con un vietnamita che mi ha portato in una pizzeria napoletana tappezzata di foto di Totò, con camerieri sudamericani e cuochi chissà. Nel cuore di Petite Italie, che un'amica italiana ha definito commovente per il suo anacronismo italofilo.
Intanto ho scoperto che il giardino botanico è un parco immenso e aperto al pubblico, con laghetti, boschi, orti. Si può sgattaiolare senza pagare dentro il giardino cinese o quello zen, nel cui stagno abbiamo visto tantissime carpe, quelle tutte colorate, screziate o dorate, che vengono sopra il pelo d'acqua in cerca di cibo e sembra che vogliano uscire del tutto. Sempre nel parco un mattino ho visto un barboncino che inseguiva una volpe, scena comica da Tom e Jerry.
Ora le foglie si colorano d'autunno e il Québec è veramente bello.

Non ho più tanto tempo per scrivere, studio molto perché è un corso intensivo. In primavera avrò nuove prospettive e arriverà il disgelo. Ora il tempo di costruire e sudare e superare gli ostacoli e le difficoltà di così tanti cambiamenti. Era ora.

mercoledì 3 ottobre 2012

Il fascino del proibito (Felice, USA)

Si è appena conclusa la trentesima settimana dedicata ai libri proibiti nelle scuole americane. Per carità, una cosa molto sottotono, che ha viaggiato più su internet che fra le librerie. Ad oggi, ci sono circa 300 titoli che assemblee di genitori hanno chiesto (e spesso anche ottenuto) che fossero eliminati dal programma si studio. Io credo che, nonostante tutto, sia un esercizio di democrazia da parte dei genitori e sicuramente mette in evidenza la loro attenzione su ciò che la scuola insegna o dovrebbe insegnare.
Detto questo, il modo migliore per fare pubblicità ad un prodotto artistico, è proibirlo. E infatti, dando un occhio alla lista, a me è proprio venuta voglia di leggerne qualcuno. Co l'aiuto di un sito internet, ho selezionato:


  • The giver, di Lois Lowry. In un mondo perfetto (nessuna povertà, crimine, malattia disoccupazione) un adolescente viene prescelto perchè conservi le memorie della comunità, sotto la supervisione di un vecchio saggio. Ed è proprio attraverso i racconti del vecchio saggio (The Giver) che il ragazzo capisce che la società può essere pronta a pagare il prezzo della propria umanità in nome di una società stabile e senza dolore. Il ragazzo si ribella e si rifiuta di pagare il prezzo. (Come fai a resistere a non leggere una cosa del genere?)
  • Fahreneit 451, di Ray Bradbury...ironia della sorte, questo libro censurato parla della censura dei libri, sotto forma di rogo. Cioè, il libro si autovendica...
  • Harry Potter e la pietra filosofale, di J.K Rowling, ...pure harry potter!
  • Il risveglio, di Kate Chopin. La storia di una ragazza che si rifiuta di prendere marito. Pubblicato nel 1899 fu così aspramente attaccato che l'autrice non scrisse più. E ancora non la buttano giù
  • Amatissima, Toni Morrison. Ormai un classico della nobel afro-americana
  • Il diario di Anna frank.
  • Ragazzo da parete, di Stephen Chbosky. Racconta della confusione sessuale, identitaria, alcolica degli adolescenti. Attaccato dai genitori perchè può confondere un adolescente.
W la libera lettura

mercoledì 26 settembre 2012

Matteo, non più Lisbona (Portogallo) ma Colli Euganei (Italia, anzi Veneto)

Non mi son reso conto (per davvero, intendo) che stavo tornando fino a quando l'aereo non è atterrato all'aereoporto di Bologna, attraversando tra le turbolenze la coltre di nubi basse e imbevute d'acqua grigia che, a Lisbona, il vento salato dell'oceano portava sempre altrove. Sceso, ho respirato l'umidità calda che, di lì a poco, sarebbe stata raffreddata dalle prime piogge autunnali. In Portogallo si andrà al mare fino alla fine di ottobre, cazzo. Evvabbè. 
Fino all'altroieri, l'italiano era la lingua della confidenza, da parlare limitatamente a certe situazioni. Ritrovarlo in strada mi ha scioccato più di quanto mi aspettavo, mi ha fatto sentire più nudo ed esposto, come se tutti potessero leggere facilmente quello che stavo pensando.
Era tanto che non scrivevo quaggiù sui sette mondi, e mi scuso con chi contava su di me per questo. Ero troppo impegnato a succhiare quanto potevo da quella città meravigliosa e indolente, come chi aspira freneticamente le ultime boccate da una sigaretta appena iniziata, mentre il treno su cui deve salire è ormai arrivato al binario, e sta già ripartendo.
Certe cose me e porterò dentro a vita. E non parlo di quelle più ovvie, come le amicizie e gli amori che mi lascio indietro (e, almeno un po', anche avanti, spero). Più che altro di quelle sfuggenti e indefinibili, come che ne so, gli odori del porto, oppure certe immagini impresse a fuoco nella memoria, o ancora alcune parole intraducibili legate a momenti particolari.
Sicuro non mi sento depresso, non ancora almeno. Tornare è una sfida, non un arrendersi; e mi sento fortunato, perchè non tutti riescono a vederla così, e non è solo una questione di merito personale, ma anche di cose che, ne più ne meno, ti capitano.
E adesso, boh. Ho tanti progetti, e la certezza che molti di questi siano campati in aria, ma mi piace così. Ho bisogno di un posto mio, anche se tanti posti possono essere "case". Sono confuso e un po' sballottato dall'arrivo, fatico a ordinare i pensieri, compilo liste di cose da fare per darmi un  tono e pensare che voglio essere impegnato e mai nullafacente. Nei giorni scorsi ho raccolto decine di frasi che avrei voluto scrivere qui, piccoli racconti e cose che mi avevano colpito, ma ora non riesco a fare che bilanci generali e imprecisi. Forse nessuna contava molto, o forse è che dovrei dire troppe cose. Allora mi accontento di rivedere gente (quanta! Ed è una fortuna, altrochè), riservandomi di ripassare di qua quando sarò più lucido e più veneto.

giovedì 20 settembre 2012

Postilla al post precedente (Gechi, Montréal, Québec)

Il governo di Pauline Marois ha già deciso di abrogare la famigerata legge 12, che limitava il diritto di manifestare. Ha confermato la chiusura della centrale nucleare di Gentilly-2, a Bécancour, e crea un fondo di diversificazione dell'economia di quella regione pari a $200 milioni. Ha annunciato l'eliminazione della tassa sulla sanità di $200; quei soldi verranno ottenuti tassando i più abbienti.
Prima in Francia, adesso in Québec: la loro sinistra sì che ha le palle.
Allonsanfan!

mercoledì 19 settembre 2012

Post-elezioni (Gechi, Montréal, Québec)


Dopo la vittoria del Parti Québécois alle elezioni, pur se con stretto margine e quindi governo di minoranza (= maggioranza relativa), certi anglofoni si sono spaventati, temendo una riduzione dei loro diritti da parte di un governo "leghista". In realtà il PQ è un partito di centro sinistra molto composito e non unanimemente separatista. Anzi, sembra che la maggioranza qui non sia veramente interessata a separarsi dal Canada. Si tratta comunque di una società distinta, dove il francese è l'unica lingua ufficiale (inglese e francese nel resto del Paese), dove si cerca di proteggere una cultura praticamente circondata da quella anglo-americana. Puo' essere comprensibile che a volte si estremizzi questa tendenza a distinguersi, a lottare contro l'omologazione. 
Inoltre il PQ ha sempre avuto politiche progressiste: Pauline Marois, la prima donna capo del governo nel Québec, già negli anni 90 aveva introdotto  un prezzo politico di $5 al giorno per gli asili nido. 
Il governo precedente (liberali, di destra) aveva introdotto una tassa sulla salute di $200, indipendentemente dal reddito, e ora la Marois la abolirà; come abolirà il famigerato aumento del 75% di tasse universitarie che provocò i 6 mesi di sciopero a oltranza degli studenti (e la mia curiosità per Montréal). Per combattere la corruzione in politica, promettono di ridurre il limite massimo di donazioni ai partiti da $1000 a $100 per persona all'anno e vietare quelle da sindacati o aziende.
Inoltre la Commissione Charbonneau sta indagando sui legami tra politica, industria edile e mafia (hanno anche chiamato a testimoniare una criminologa italiana, Valentina Tenti). La mafia italiana a Montréal c'è eccome…
Uno dei leader del movimento studentesco, Léo Bureau-Blouin, 20 anni, si è candidato col PQ e ha vinto il suo seggio, battendo un liberale che l'avevo tenuto per tre legislature di seguito. Pauline Marois l'aveva sostenuto, nonostante le critiche, chiedendo come mai un ventenne potesse combattere in Afghanistan e non candidarsi a una carica pubblica.
Donne, giovani, manifestazioni di protesta ogni 22 del mese (sabato prossimo il vostro inviato speciale ci sarà)…il Québec sì che sprizza vivacità.

domenica 16 settembre 2012

Parchi di Montréal (Dal politico al personale, Gechi)


C'è il Parc Maisonneuve, dietro casa, tutto prati e piste ciclabili. Vado lì a correre, non lungo i sentieri prestabiliti, bensì in mezzo ai prati, sotto gli alberi, in mezzo ai denti di leone. Correre sull'erba sì che è una goduria, correre senza fiato, di qua e di là, inseguendo colori e profumi. Quando arriverà l'inverno imparerò a correre sulla neve?
C'è il Parc Lafontaine, più urbano, con i laghetti, i picnic, le amache appese fra gli alberi, il trenino per i bimbi.
C'è il grande Parc Mont-Royal, la collina che domina la città, la collina che mi ha dato una grande emozione quando mi è apparsa all'improvviso, dall'autostrada, con quel duomo luccicante (Notre Dame des Neiges) e quel verde rinfrescante.
La vegetazione è molto simile a quella dei Colli Euganei, o almeno mi sembra molto più familiare della foresta pluviale sulla West Coast. Ci sono andato oggi in bici, seguendo il viale di terra battuta che di domenica pullula di gente, su e giù in passeggiata. Volevo esplorarla tutta, vederne tutti i lati. Da in cima ho visto la città da una parte, con quella strana struttura fantascientifica che è il Bio-Dome, e dall'altra la campagna sterminata, il fiume Saint Laurent che luccicava lontano - ma il fiume è anche vicino, Montréal un'isola in mezzo. E poi sempre quella cupola enorme del duomo, che non sono riuscito a raggiungere e non ho ancora capito bene come ci si arriva e va bene così.
Ho come fretta di vedere tutto e conoscere tutto, come se non avessi tempo; e invece qui io starò a lungo, questa diventerà casa mia. Sarà bello scoprirla poco a poco.

Silvia, nei centri commerciali nelle agenzie interinali sulle strade provinciali


Pensavo che avremmo passato l'estate a ridere su una spiaggia, e invece io sono rimasta al centro commerciale e sulla spiaggia tu ci sei andato non so con chi. Nel frattempo il mio contratto a progetto è diventato un contratto di formazione, e ora è un contratto a chiamata. Come con te. Se chiami vuol dire che mi ci vuoi, nella tua vita, se non chiami no, posso prendere altri impegni. Ma ci capiamo sempre meno e io non ti vado tanto bene. Così il mese di agosto parti per il mare. Chiami solo una volta, dici cose che non ricordo nemmeno. Poi torni. Non ti fai sentire. Sono sempre dentro al centro commerciale. Ripasso la storia e la filosofia, nelle ore di pausa, chiusa nel magazzino. Che non si sa mai, magari un giorno mi chiamano per quello che ho studiato. E invece mi chiama solo il tecnico per conto della compagnia telefonica, perchè c'è un cavo da cambiare. Te lo ricordi di quando c'erano tutte quelle interferenze, che ci telefonavamo il sabato mattina, e un giorno si aggiunse alle nostre voci quella del tecnico che ci informava che stava ascoltando la nostra conversazione per valutarne la qualità? Ecco. Ha chiamato di nuovo. Mentre per il resto non chiama nessuno. Non chiamano da nessun lavoro, non chiami te, non chiama più nemmeno il vento dei giorni passati.
Riguardo l'ultima busta paga e c'è una casella dedicata al trattamento di fine rapporto. Ci sono dentro numeri, che non so se sono ore o soldi o le lacrime che ho versato quando poi finalmente hai chiamato. Perchè se hai chiamato era per lasciarmi. Non ci capiamo e non è quello che vogliamo.
Pensavo che avremmo passato l'estate su una spiaggia, e invece dell'estate abbiamo visto solo quella strada provinciale dove mi sono sentita male perchè mi stavi lasciando. Anche se non siamo mai stati insieme. Anche se era solo un contratto a chiamata. E nella nostra casella per il trattamento di fine rapporto non c'è scritto niente, c'è solo il silenzio, e la luce dei camion che passavano, e ci sfioravano, e non sapevano che era la nostra ultima sera insieme.
Poi suona il telefono. Non è il centro commerciale non è niente di che e soprattutto non sei te. Ma intanto l'estate è passata e quello che pensavo me lo scordo. Faccio i conti con quello che c'è, che poi è quello che non c'è. Guardo le caselle piene, le caselle vuote, le caselle che riempio io con le matite colorate. Ci disegno quello che mi va. E ricomincio a pensare a cosa farò, nei centri commerciali nelle agenzie interinali sulle strade provinciali, e penso che forse la prossima estate la passo su una spiaggia, a ridere.

venerdì 14 settembre 2012

Elezioni... (Christian, Amersfoort)

Lo trovarono, ubriaco, sotto il tavolo di una rosticceria cinese sulla Leusderweg. Sante ne aveva bevute parecchie di quelle birre Tsingtao. Quindici, per la precisione. Come i seggi del Partito Socialista, dato per vincente fino a due settimane prima delle elezioni e rimasto invece fisso alla quota delle elezioni precedenti, nel 2010.

E dire che la serata era iniziata bene. Aveva perfino festeggiato con un Fanta-Cassis il tracollo dei nazi-populisti del "Partito della Libertà" di Geert Wilders. "Evvai!"
Ma poi proiezioni e commenti elettorali lo avevano messo ko.
Guardava sullo schermo Grundig d'annata il premier conservatore uscente, Mark Rutte, che rideva fiero dei suoi 41 seggi nuovi di zecca. Un record per Rutte, una birra per Sante.
Guardava il socialdemocratico Samsom, pronto ad andare al governo col conservatore Rutte, per fare insieme allegramente tutti i tagli richiesti dalla BCE. E beveva.
Guardava la faccia da manager bresciano del liberale Pechtold, pronto a suggerire agli altri due le ricette più avanzate del neoliberismo in salsa nordica.
A un certo punto comparve anche il leader democristiano, sconfitto ma avido di governo e tagli anche lui...

Sante si accasciò sul tavolo di plastica bianca pensando al futuro suo e di quel paese in cui era andato a parare. Lo dovettero trascinare via in tre, fino all'uscio di casa.
Il giorno dopo, "sfogliando" la Repubblica su internet, lesse un articolo pieno di compiacimento per la "vittoria dei partiti filo-Ue".
"Sono solo dei maledetti neoliberisti!!!" - urlò contro la carta da parati a fiori. Poi si attaccò alla bottiglia di vodka.

mercoledì 12 settembre 2012

Lotta di CLASSE (Gechi, Montréal, Québec)


L'amico Sylvain, vice-presidente di un sindacato prof universitari, molto militante e engagé, mi ha invitato a una serata di presentazione dell'ultimo numero di Cahiers du Socialisme, tema: la rivolta studentesca e la corporatizzazione dell'educazione pubblica.
Si va alla Brasserie Brouhaha (= baccano, baraonda), giornalisti scrittori sindacalisti nonne arrabbiate giovani contro. Tre gli invitati a parlare, brevemente, dei vari aspetti di quello che sta succedendo nel Québec e nel mondo. In pratica, la protesta degli studenti (e non solo loro) è il rifiuto del concetto, già messo in pratica ovunque, che l'educazione è un prodotto e gli studenti dei clienti. Forse mi immaginavo una serata noiosa, ma i québecois sono capaci di trasformare tutto in divertimento. C'era lo scrittore, lucido e dalla visione globale, la sindacalista, pasionaria e incontenibile, e infine la portavoce di CLASSE, il gruppo più combattivo degli studenti. Quest'ultima, ventenne con una piuma di pavone tra i capelli rossi e l'ormai mitico quadratino rosso appuntato al petto, tutta acqua e sapone e gote rosse ma parole chiare e nette, la lotta continua e non ci fermeremo neanche adesso che il PQ ha vinto le elezioni (sinistra moderata). 


Intanto io, che avevo fame dopo aver pulito il mio nuovo appartamento tutto il giorno, mangiavo cosce d'anatra e tracannavo una birra dal gusto buonissimo e diversissimo, mai provato prima. Indescrivibile, forse molto luppolo, e un bouquet di fiori primaverili (quante se ne sparano a descrivere liquori).
Allora, i francesi quando parlano "ufficialmente" assumono un accento abbastanza neutro e comprensibile; quando parlano fra di loro invece tornano al proprio accento, che a volte mi sembra di un americano ubriaco che cerchi di parlare francese…
Bella serata, e poi me ne sono tornato a casa in bici senza casco né maglione, perché qui fa caldo anche a settembre.
E stasera giretto nel quartiere e cena a base di Moules et Frites, un classico francese, nella terrasse di un localino simpatico. Una terrina enorme di cozze saporite, innaffiate con una birra bionda Belle Gueule (Bella faccia, bel muso), mentre leggevo il mio primo libro comprato a Montréal, La versione di Barney di Mordecai Richler (ovvio), con le varie citazioni topografiche che ora posso visitare di persona.
Libri a parte, qui anche mangiare da soli è divertente, ma non conto di farlo spesso, perché i québecois sono socievoli e io pure. Quando spacchetterò tutti gli scatoloni inviterò Yves e Nadine, i due amici attori che vivono nella Petite Italie. È da tanto che non faccio un risotto.

sabato 8 settembre 2012

Sushi a volontà (Gechi, Montreal, Quebec)


Non mi sono ancora trasferito, ma ieri ho fatto un giretto perlustrativo in bici attorno al mio futuro domicilio. Il parco dietro casa è così enorme che dal mezzo non si vedono né sentono le auto. Non sarà il Central Park, ma si respira. Lì andrò a fare le mie corsette, zampettando con gli scoiattoli. Poi ho cercato i negozi e non lontano c'è un quartiere che ad un'estremità sembra proprio malandato, con bettole e tuguri, e poi man mano  migliora e offre caffè e ristoranti uno accanto all'altro. Ci sono comunque molti servizi per la comunità, poveri eccetera, e dà l'impressione si tratti di un quartiere popolare in fase di trasformazione e "yuppizzazione" (in una parola inglese: gentrification).

Sono curioso di scoprire se saranno buoni i "sushi à volonté", ovvero prezzo fisso e mangiane quanti ne puoi. Invece qui all'angolo, e siamo nella Petite Italie, c'è un miniristorante di sushi che pare siano fantastici.
Sempre dietro l'angolo (un altro) c'è la launderette, beuvage, dove ho fatto il bucato. L'unico così, perché da lunedì lo farò in casa, e quando sei in affitto è un lusso se non ti devi comprare tu lavatrice ed essicatrice.
Continuano le serate sociali con il vicino e la sua morosa; stavolta mi hanno portato a mangiare un sorbetto di gran qualità al famoso mercato Jean Talon. Il gusto melone sembrava proprio melone puro, saporitissimo, come pure il fragole del Québec.
Poi siamo andati al bar a berci un chianti e a parlare di politica e arte a Montréal. Ancora tutto da scoprire per me.
Ah, ho scoperto l'origine del nome Québec: in una lingua nativa, significa punto dove il fiume si allarga (è il San Lorenzo), davanti a Ville de Québec, che diede poi il nome alla provincia.

mercoledì 5 settembre 2012

Casa dolce casa (Gechi - Montreal, Québec)


Ogni tanto, girando in bici per i vari quartieri, trovo dei pianoforti parcheggiati sul marciapiede, agli incroci. Sono disponibili per chiunque voglia suonarli. Sono dipinti stile hippy, il suono ricorda quello dei saloon, ma nessuno spara sul pianista, anzi c'è sempre qualcuno che strimpella del jazz o classica. Di notte li coprono con un telo impermeabile. 
Di traffico pazzesco non ne ho visto, anche se ci sarà sicuramente sulle arterie principali coi pendolari. Comunque andare in bici è molto sicuro, perché a parte le belle piste ciclabili gli autisti sembrano molto poco aggressivi verso i ciclisti. Sfogano la rabbia fra di loro, a colpi di clacson e "tabarnac!".
Le parolacce in Québec hanno una base cattolica e provengono proprio dalla liturgia: tabernacolo ("tabarnac"), ostia ("estie!"), me ne fotto ("je m'en calice"), cristo ("criste", ma suona più come "criss"). Il cattolicesimo ha dominato qui a lungo come in Irlanda. Poi arrivarono gli anni settanta e la rivoluzione culturale. Le donne, fino ad allora, non avevano diritto a firmare documenti ufficiali e il marito faceva da padrone. Ieri sera gli elettori hanno votato la prima donna capo del governo nella storia del Québec.
È un mondo diverso dal Canada inglese, ricorda un po' il casinismo irlandese. E qui dietro nel cortile sembra quasi di essere a Napoli.
Ma oggi ho trovato casa, bella spaziosa e luminosa e quindi non qui nella Petite Italie, dove son tutti appartamentini stretti e un po' malandati. Ho dato priorità allo spazio per le visite che riceverò dagli amici di tutto il mondo, piuttosto che al carattere del quartiere. Sarò comunque accanto al parco/giardino botanico e il verde attorno è importante. E a 20 minuti in bici dal centro.

Son qui da 4 giorni e mi sento già a casa mia, molto a mio agio.

lunedì 3 settembre 2012

Ah, Montreal (Gechi)


Allora, eccomi qua a Montréal, in un settembre di sole e prime foglie che cominciano ad arrossare. Sto nel quartiere Petite Italie, ospite da un vecchio amico francese dai tempi di Victoria. La gente è simpatica e parla con un accento particolare, che fa ricordare quello di Benvenuti al Nord, anche se non sono proprio simili. Ieri sera ho chiesto al vicino/padrone di casa delle informazioni e mi ha invitato a entrare per un bicchiere. Abbiamo finito una bottiglia di ottimo bordeaux e lui e la sua morosa mi hanno spiegato un po' di cose. La differenza fra la gente di Victoria e Montréal è strabiliante. Qui mi sento benvenuto e a mio agio.
Ieri giretto a piedi fino al parco di Mont-Royal, dove c'era una marea di gente spaparanzata sui prati, a suonare, sonnecchiare, intraprendere varie attività tipo camminare su una fune elastica (a mezzo metro da terra) o battaglie con spade e scudi (sono arrivati pure qua i celti). E poi su per i mille sentieri che portano in cima al colle, dove c'è un duomo enorme chiamato Notre Dame des Neiges, un nome che trovo affascinante. Prevedo inverni freddi; mi comprerò i mutandoni di lana.
Oggi invece giro in bici col servizio a pagamento Bixi, dove pigli una bici in una qualsiasi delle 420 stazioni e la molli in un'altra, dove ti pare.
Montréal è la migliore città in Canada in fatto di piste ciclabili. Molte sono separate dal traffico automobilistico.
Ho anche trovato un circuito per correre, lungo la ferrovia. Non è come sl lungomare, ma è tranquillo e lontano dal traffico. Me lo ha mostrato una gentilissima francese, che ha cominciato a spiegare in inglese non appena ha capito che ero straniero. Succede spesso qui, specie coi giovani. 
In giro per le strade si sentono parlare tutte le lingue del mondo. Davanti al Bar Sport i vecchi discutono di calcio in italiano, con varie inflessioni dialettali.
Seduto davanti alla finestra che dà sulla via, abbastanza tranquilla, guardo i molti alberi e immagino che la raccolta di foglie secche dev'essere una bella impresa in autunno. Varia umanità continua a passare e non vedo l'ora di conoscere più gente.

martedì 28 agosto 2012

Aeroporto di Victoria, Canada (Gechi)

Ultimo messaggio dai margini di Victoria, all'aeroporto internazionale, che mi trova allegro e felice di partire. L'amico Bruce mi ha accompagnato, ascoltando una cassetta (sì, esistono ancora) dei Talking Heads, Speaking in Tongues. Musica giusta, specie Burning Down The House, canzone che parla di rinnovamento radicale (bruciare per ricostruire).
Aeroporto tranquillissimo alle 10 di mattina, tutto colline attorno. Sulla superstrada abbiamo visto un falco appollaiato su un lampione. Dall'aereo vedrò l'oceano, le bellissime isolette attorno a quella principale, e poi un po' di Rocciose se non ci saranno nuvole. 
Qui ciò che dovevo dire l'ho detto, quello che dovevo fare l'ho fatto. Gran belle esperienze, ma la storia è conclusa.
Sono libero, niente mi trattiene a Victoria; perché dovrei farlo io?

martedì 21 agosto 2012

Ultima da Victoria, Canada (Gechi)

Et voilà, ultima settimana nel paese degli sbadigli. La casa è sossopra, scatoloni e pareti vuote, ma io no, io sono contento, emozionato, forse un po' impaurito del mio stesso coraggio. Ma è arrivata l'ora di andare, di volare via, di stare vicino a mia figlia (e meno lontano dall'Italia) e a me stesso, alla mia vera natura. Mi son represso lentamente, a furia di stare qui. E meno ero me stesso, meno venivo accettato dal mondo esterno, dalla gente, dai rapporti sentimentali. Adesso volto le spalle e me ne vado, senza litigare, senza discutere, senza bussare più alle porte chiuse.
Faccio gli ultimi giretti panoramici della città e delle foreste attorno. Corro sul lungomare di mattina presto e sorrido a tutti, anche a quelli che corrono guardando per terra e quasi ti si sbattono addosso. Guardo le nuvole sopra le montagne imbiancate; guardo i gabbiani che cagano dappertutto, senza pietà; guardo i ciclisti attillati come mortadelle; guardo i cani al guinzaglio e con il gilet riflettente; guardo i suonatori di bonghi e didjeridoo, felici e spensierati (e sballati); guardo la polizia in bicicletta, versione moderna della "Montata" a cavallo (v. L'uomo del Grande Nord, Hugo Pratt); guardo i ricordi, 20 anni di vita, Sofia che impara a camminare, a parlare, ad andare in bici, a leggere e a scrivere; guardo Sofia che prende l'aereo per trasferirsi a Toronto, 4 anni fa; guardo i miei ostinati tentativi di far funzionare una storia d'amore che non potrà mai; guardo un finale banale, triviale, da telenovela, e il tentativo di idealizzarlo e trasformarlo; guardo le bugie che mi ero raccontato e a cui non credo più.
E poi mi giro e vedo tanta luce, e gente che sorride, e amici che forse verranno finalmente a trovarmi, e tante cose nuove e stimolanti.
E mi viene in mente una canzone allegra di Vinicio Capossela:
Una giornata perfetta

lunedì 20 agosto 2012

Free Pussy Riots, e' ovvio! Vanessa, NCL UK

Free pussy Riots e non potrebbero essero di meno in queste circostanze. 
Quando alla radio ho sentito la notizia della condanna di tre anni, mi si sono rizzati i capelli; non solo per la notizia ma anche per il commento fatto da chi era nella stessa stanza : " Beh, almeno tre anni e' meglio di sette e poi diminueranno per buona condotta". NO. Non va bene per niente, ho risposto, non ci si puo' e non si deve piu' accontentarsi. Specie nelle ingiustizie. Mi sono stancata di accontentarmi. 
Ci si accontenta a lavoro, in famiglia, nelle relazioni interpersonali, in quelle sociali. 
Come e quando spiegare a mia figlia che cosi' non va proprio bene?

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Prometto, il prossimo articolo sara' completo e articolato
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martedì 14 agosto 2012

Volta la carta (Gechi, verso Montreal)

Dopo 20 anni nel Canada occidentale, anglofono e anglofilo, ho deciso. È ora di cambiare, vado a vivere a Montreal. Partirò martedì 28 agosto, giorno in cui non scriverò il blog. Ci vado via Toronto, per recuperare Sofia, portarla a Sherbrooke (Québec) dove andrà all'università e farmi mollare appunto a Montreal. Un vecchio amico mi ospiterà a casa sua finché non mi sistemerò. Abita nel cuore della Petite Italie. Meglio di così…
Tra gli estremi del'Italia da una parte e della West Coast dall'altra, forse ho trovato il giusto mezzo. Dirò di più man mano che conoscerò, ma già so che i canadesi francesi si divertono di più, socializzano di più, cazzeggiano di più, protestano di più, vivono di più.
Dopo un mesone di vacanze in Italia, son tornato a una Victoria tranquilla e pulita, con tutto perfettamente sotto controllo. La prima sera vado a un festival folk, tutto speranzoso. Arrivo in bici, non mi lasciano inlucchettarla davanti all'entrata, potrebbe creare congestione (c'erano quattro cani dentro, altro che Sherwood), ma mi mandano al parcheggio per bici custodito; mi danno anche un bollino di riconoscimento. Entro e mi mettono un braccialetto colorato, mi perquisiscono lo zainetto (non suona Bruce Springsteen, ma qualche gruppetto locale). E va bene. Girello un po', il campo da calcio adibito è occupato dal festival nemmeno per metà. Di fronte al palco, dove suona una band pallosissima, c'è uno spazio separato da alte transenne tipo gabbie da leoni al circo. Benvenuti alla zona bevande alcoliche (birra o sidro). Per bersi un boccale, devo entrare la zona recintata, dopo aver dichiarato di possedere un documento di identità per dimostrare che sono maggiorenne (ho 50 anni e la barba pepe e sale) in caso di ispezioni, e dopo aver preso il secondo braccialetto, senza il quale non si può bere.
Mi sono seduto e, mentre sorseggiavo, mi è venuto da piangere. Tanto valeva andare a vivere in Svizzera. Finita la birra me ne vado, non è cosa. Tornando verso casa, dopo aver consegnato lo scontrino e ritirato la mia bici, parcheggiata ordinatamente accanto alle altre, qualcuno mi passa accanto in auto e mi urla di mettermi il casco (obbligatorio solo in BC). Stavolta mi viene da ridere. Il paese delle nonne.
Di Victoria mi mancherà la natura, il verde, il mare. Mi consolerò vivendo in una città vibrante, frequentando gente da tutto il mondo, mangiando e bevendo allegramente nei bistrot, senza tutte le assurde limitazioni del Canada inglese. Potrò tornare a comprarmi il vino al supermercato, cazzo. E girerò in bici spensierato, senza prendere multe per non portare il casco. E se l'inverno sarà freddo, mi scalderò tra le braccia di una bella francese. O sudamericana. O africana. O asiatica. Chissà.

giovedì 12 luglio 2012

Finalmente un pò di sole (Picchi, Bruxelles)




Chiedo perdono per il silenzio.
Sono a Bruxelles da quasi due settimane e oggi vedo il sole per la prima volta.
Pensare che il resto d’Europa soffoca nel caldo mentre qui ci si avvolge ancora in golfini e, se tira vento, ombrelli ha un che di surreale. Bruxelles in sé ha un nonsoché di surreale: per prima cosa Bruxelles non è Belgio. La presenza del palazzo reale non basta a compensare la massiccia presenza di persone che lavorano nell’ambito della Commissione Europea. La sede dell’Alliance française dove seguo un corso di francese è vicina al cosiddetto Quartiere Europeo dove si trova la sede della Commissione, del Parlamento e di tutti gli uffici e agenzie a loro affiliati. Ogni mattina faccio il viaggio in metro con questo esercito di ventiquattr’ore e facce lunghe (come biasimarle con l’aria che tira e questo tempo?). Si sentono parlare tutte le lingue tranne il francese! E dire che sono venuta qui appositamente per imparare la lingua di Molière.
L’altra presenza imponente è quella araba e africana. Vi è addirittura un vivace quartiere africano: Matongè. Non m’era mai capitato prima d’ora d’essere la sola persona dalla pelle chiara in metro!
Insomma non è facile farsi un’idea di chi siano i belgi.
Un aspetto di questa città che mi ha colpita è il fervore letterario dei cittadini. I bruxellesi sono un popolo che legge: che si tratti della metro intasata di gente, della fermata del tram, con panchina o senza, i bruxellesi leggono ovunque.

Per quanto debba ammettere di non aver conosciuto dei veri bruxellesi posso dire di aver incontrato diverse persone interessanti nel mio corso. Innanzitutto c’è la ragazza venuta dalla Cina per studiare il cattolicesimo a Bruxelles che non ha mai sentito parlare dei Beatles (!). Poi c’è lo spagnolo che s’addormenta tutti giorni in classe esattamente pochi minuti prima della pausa e quello che si commuove ogni qualvolta si parli del suo paese. C’è la giovane impiegata all’ambasciata della Georgia appassionata di gossip politici. Insomma, una classe interessante no?
Ora esco per approfittare del sole!

domenica 8 luglio 2012

Citta' di coccio, Vanessa

Quest'estate ho deciso di prendermi una vacanza con la mia bimba e sono tornata a Firenze per riassaporare i sapori e gli odori di anni passati. Ho trovato pero' solo pezzi di coccio impolverati e da rimettere insieme. Arrivata in Toscana mi sono fatta un giro per la val di cornia e che bellezza le passeggiate nelle pinete di pomeriggio! Sono appena arrivata in citta' e sembra che il tempo non sia passato. Il mio quartiere sembra sempre lo stesso, l'unica bottega di successo e' il macellaio Paolo con la sua clientela di donnine e mie coetanee rimaste a vivere nella zona. A me mi chiamano sempre la piccina e benche' penso di aver oltrepassato da tempo anche l'eta' adolescenziale, a volte, codesti, mi lasciano il dubbio sulla mia eta' e sul tempo passato. Mi vien da sorridere quando, ognuno di loro ( e qui si intende il vicinato e conoscenti di una vita) mi chiedono come gli e' la vita a Londra. I primi anni rispondevo che non lo sapevo, io abito parecchio piu' a nord, dicevo, ai confini con la Scozia. Ma ogni volta che torno e' sempre la stessa storia e allora da quando mi hanno chiesto se avevo assistito e celebrato il matrimonio reale dei principi ho risposto con ghigno di si, ma a modo mio. Per alcuni Inghiltera e' sinonimo di Londra. E probabilmente ne hanno ragione. Io pero' non so molto di come si viva laggiu', in controcorrente sono andata a vivere piu' al nord, come dicevo, ai confini con la Scozia.
Ritrovo le stesse biciclette ammaccate e mezze distrutte legate ai lampioni del viale, le apine piaggio parcheggiate sotto la solita finestra e gli alberelli di strada con gli stessi rametti di sempre. Il tempo sembra non passare qui. Quando guardo le foto di quando ero bambina ne sento gli odori e capisco che in questo il tempo passa e sono io a non accorgerne. E poi forse e' meglio cosi'. Mi rende l'infanzia sempre presente.

giovedì 5 luglio 2012

Vacanze (Gechi, pianeta Terra)


Per il prossimo mese niente blog. Ho deciso di venire in Italia per un po' e senza computer. Afa o non afa, ho bisogno di calore e so dove trovarlo. A volte il Canada, con la sua efficienza, la razionalità, il distanziamento da ogni passione troppo travolgente, mi avvolge di un tepore rassicurante e anestetico. 
Qui ognuno rispetta lo spazio altrui e il viaggio altrui. Si lascia che ognuno sbagli a modo suo, ci si aspetta che ognuno si arrangi da sé e trovi la propria strada. Non ci sono dogmi e codici rigidi, ma senso pratico e individualismo pragmatico.
Appena arrivi in Canada senti subito tanto spazio attorno e lo scambi per libertà. O solitudine? O entrambe, o quello che vuoi fare della tua vita, senza che la tradizione ti dica come. Puoi fare tutto, se ci credi davvero, e lo stato non è un burosauro che ti ostacola e soffoca, ma il garante del rispetto del vivere civile. 
Le praterie sconfinate qui ci sono davvero, i laghi infiniti, le foreste "giurassiche" dove uno può camminare giorni senza incontrare un essere umano. E respirare, annusare, toccare, ascoltare il silenzio, lontano dalla follia urbana.
L'Italia è un Paese da odiare, amare, farci a pugni, rotolarsi sui prati. Forse è più facile vivere dove sai cosa aspettarti dalla società civile. Ma generalizzare è inutile; ogni individuo, ogni mondo è un enigma.
Questi son discorsi di uno che, fondamentalmente, ovunque andrà, sarà sempre un forestiero curioso.

martedì 3 luglio 2012

La tripletta (Gechi, Canada e Spagna)

Il sindaco socialista di Parigi, Bertrand Delanoë, è in visita nel Québec e ha richiesto un incontro informale con i rappresentanti del movimento studentesco. Le presidenti della Fédération étudiante universitaire (FEUQ), Martine Desjardins e della Fédération étudiante collégiale (FECQ), Eliane Laberge, hanno accettato l'invito, mentre la Coalition large de l'Association pour une solidarité syndicale étudiante (CLASSE) lo ha declinato, per motivi di indipendenza da qualsiasi partito politico.

Meno male
che non abbiamo vinto. Ci saremmo montati la testa, gonfiati a dismisura e dimenticati del lavoro che va ancora fatto. Così invece abbiamo ottenuto un Europeo dignitoso, una bella sorpresa per il mondo, una riforma stilistica in atto e un bel progetto sportivo e morale che è appena iniziato.
E poi, onore alla squadra spagnola, una leggenda.

lunedì 2 luglio 2012

Il sacco blu (Mate Lisboa Portugal)

RiTrovarsi, dopo anni, davanti al sacco appeso al muro è stato sorprendente. Aveva una consistenza conosciuta. Credevo di aver dimenticato la posizione, la scioltezza, il sùeggiù costante nelle gambe, lo scatto del sinistro, la giusta distanza dall'avversario. Ed in parte, in effetti, è stato così; ma dopo una mezzora circa  ho cominciato e riconoscere come il sentore di quello spirito riflessivo e autoipnotico che ti da la boxe. Avanti, indietro, sinistra, avanti. Esquerdo, esquerdo, direito. Il jab non dev'essere potente, l'importante è che sia veloce, come lo scatto del cobra. Tac. Tac. Su e giù, su e giù - I glutei si contraggono, il tronco si torce, la spalla viene in avanti, sfrutti il movimento delle gambe - mira in alto, inspira col naso, espira grugnendo in corrispondenza della botta: c'è poco da fare, la ripetizione dei movimenti diventa automatica, scandita dai tre minuti a mille, intervallati da uno sempre troppo breve, e insomma si comincia a pensare. Ho pensato all'arrivo alla stazione di Porto, che anche lì c'è un fiume, e il treno passa sopra uno dei sette (?) ponti di ferro ad arco che lo guadano, molto retrò, en pendant col centro della città, voilà. Cazzo, siamo a metà giugno, possibile che ci sia la nebbia? Non era nebbia, bensì latteo fumo di sardine abbrustolite: a banchi, a containers, a pescherecci, a milioni, come in una gigantesca moltiplicazione di biblica memoria. Festa di Sao Joao: gente, quanta ne vuoi, un fiume. I martellini di plastica sonora che, per tradizione, bisogna sbattere sulla testa a chiunque si incontri, producono una rumore continuo, ossessivo, e ogni sei metri c'è un bimbo che ti caccia sotto il naso un fiore viola che odora d'aglio, ma dice che porta fortuna. Una strega, due, tre, tutte mi ricordano te, quattro, cinque, sei, ma se non so neanche chi sei, sette, otto, di donne qua ce n'è un botto, nove, dieci, millanta, e la mal di testa è tanta. Bam, Bam, BAM! Tieni la guardia quanto parti col destro! E poi la partita, volevi sapere come l'ho seguita io, Lettore? Gli europei di futebòl sono stati motivo di incontri, conversazioni, miglioramento dei rapporti di lavoro, good vibes inviate verso casa, urla occasionali, financo spiegazioni sul perchè "mi piace il calcio dal punto di vista sociologico". E poi siamo andati a vedere la finale con tutti gli amici spagnoli, e vabbè, è andata così. N'imbarcata. Eduardo mi ha detto vamos, è solo futebòl, ma c'aveva un sorriso da un'orecchio all'altro, grazie tante. Lì è stato un po' meno bello, tifavo per noi. Però tutto il Portogallo stava dalla parte dell'Italia, a parte un bambina di dodicianni, Andreia, che mi ha rivelato che le piaceva di più la Spagna; ma lei non conta, perchè è sempre contro. Estas, triste, eh? mi dicevano tutti oggi. Sulle punte, sempre sulle punte, pianta quel jab  ben là in alto. Penso alle occasioni che ho perso nelle ultime settimane e poi penso al consiglio di un amico, che m'ha detto ricordati il detto del vecchio cinese: non so se questo è bene o se questo è un male. Direito, esquerdo, esquerdo, tens que fazer como un toureiro, jogo de pernas, esquerdo, direito, vai pa frente...

venerdì 29 giugno 2012

nuovi mondi, vecchie abitudini(claudio, firenze, italia)

Ieri sera ho visto la partita. Con la mia famiglia, i genitori di una compagna della Titta e gli amici di Pippo. Nel passato ho sempre tifato contro l'Italia, non per ciò che è ma per ciò che rappresenta: un'ancora di salvezza. Un'ancora di salvezza per le delusioni, per le amarezze, per le difficoltà, per le illusioni, per i torti. Un'ancora di salvezza per gruppi sociali, partiti, governi, mercati, media. Un momento di rivincita. Per questo e altro ancora ho sempre tifato contro. Meglio il sesso mi dicevo. Meglio la lotta, mi dicevo. Meglio l'impegno, mi dicevo. Meglio qualsiasi altra cosa reale. Anche ieri mi sono approcciato così alla partita. Quasi quasi tenevo per la Germania, facendo l'errore inverso. Sapevo come sarebbe stata usata una probabile vittoria. Ma già pensando alla probabile vittoria mi sono ritrovato con la sicurezza che l'Italia avrebbe vinto. E, di sicuro, con i gol di Balotelli. Cazzo, ne ero sicuro. Sono cambiato, mi son detto, ora faccio anche i pronostici. Perciò eccomi a cucinare per 12 persone, roba fredda naturalmente e eccomi a tifare. Ma è successa una cosa strana, finita la partita mi sono sentito solo. Già immaginavo i titoli dei giornali, già sentivo i commenti che mescolavano economia, politica e calcio. La mamma di Balottelli, il figlio di Cassano, la rabbia di Buffon e checcazzi! Mi sono rifugiato qui su 7W, avevo bisogno di sapere come era andata in Portogallo, come avevano vissuto la sconfitta e come Matteo viveva la nostra vittoria. E in Olanda, Christian di sicuro non ha dubbi. E in Inghilterra ne sarà fregato qualcosa agli inglesi e a Vanessa? E negli Usa  ad Harvard  sanno cos'è il calcio. Di sicuro Gechi in Canada avrà palleggiato per tutta la partita. E in Svezia, nel freddo nord, quante birre avrà bevuto Ale? E in Scozia? E i guerrieri in Battaglia che avranno fatto, nessun disegno, ma si sono turati il naso? E l'Aquila di Milano pubblicherà un nuovo tweetbook sulla partita! E l'ex berlinese che sta sempre sul Prato, gliene frega qualcosa?
Ma la storia è strana(vero Chri) tende a ripetersi non solo nel mondo reale ma anche in questo virtuale. Gli amici ti lasciano (è la storia della mia vita) nella vita reale e poi arrivano i social network e li recuperi per un attimo e ti crei il tuo mondo virtuale. Ma anche questo mondo funziona come quello reale o no? E gli amici se ne vanno. Se ne vanno? e allora non ti resta che la prossima partita e a questo punto speri solo di vincere. O piuttosto, che vincano per te, merda!

lunedì 25 giugno 2012

Montreal e Victoria (Gechi, Canada)


Il 22 giugno c'è stata la quarta manifestazione consecutiva (una al mese) a Montréal per solidarietà con lo sciopero degli studenti contro l'aumento del 75% delle tasse universitarie. L'estate è arrivata e il numero di partecipanti si è ridotto (da 400.000 in maggio a 100.000), ma intanto si aggiungono altre città, compresa Ville de Québec, dove si organizzano marce simili. Nel frattempo il governo ha sospeso l'anno scolastico, che riprenderà in agosto. Le amministrazioni universitarie minacciano di "bocciare" chi non si presenterà, mentre le associazioni studentesche preparano il contrattacco e promettono di continuare la lotta.
I negoziati sono a una nuova impasse ed entrambe le parti non cedono.

Intanto a Victoria non arriva il caldo e i prati sono verdissimi. I miei spinaci e le bietole da coste godono al massimo in questo clima, mentre i pomodori arrancano. 
Il bello di questo posto è che c'è natura dappertutto. Sabato siamo andati a piedi su una collinetta qui vicino e da lì si vede tutta la città. Si vedono più alberi che case, a perdita d'occhio. C'era un vento fortissimo che quasi ti sbalzava dal suolo, nuvole spettacolari e un oceano spumeggiante. Si poteva sentire tutta la potenza della natura.
A pochi minuti dal centro ci sono monti, parchi, un laghetto circondato di verde con gli aironi e le aquile reali. Insomma, non ci saranno tanti concerti e festival, ma in compenso...Comunque a settembre vedremo il Cirque du Soleil, con uno spettacolo fra i miei preferiti, Quidam