Non mi son reso conto (per davvero, intendo) che stavo tornando fino a quando l'aereo non è atterrato all'aereoporto di Bologna, attraversando tra le turbolenze la coltre di nubi basse e imbevute d'acqua grigia che, a Lisbona, il vento salato dell'oceano portava sempre altrove. Sceso, ho respirato l'umidità calda che, di lì a poco, sarebbe stata raffreddata dalle prime piogge autunnali. In Portogallo si andrà al mare fino alla fine di ottobre, cazzo. Evvabbè.
Fino all'altroieri, l'italiano era la lingua della confidenza, da parlare limitatamente a certe situazioni. Ritrovarlo in strada mi ha scioccato più di quanto mi aspettavo, mi ha fatto sentire più nudo ed esposto, come se tutti potessero leggere facilmente quello che stavo pensando.
Era tanto che non scrivevo quaggiù sui sette mondi, e mi scuso con chi contava su di me per questo. Ero troppo impegnato a succhiare quanto potevo da quella città meravigliosa e indolente, come chi aspira freneticamente le ultime boccate da una sigaretta appena iniziata, mentre il treno su cui deve salire è ormai arrivato al binario, e sta già ripartendo.
Certe cose me e porterò dentro a vita. E non parlo di quelle più ovvie, come le amicizie e gli amori che mi lascio indietro (e, almeno un po', anche avanti, spero). Più che altro di quelle sfuggenti e indefinibili, come che ne so, gli odori del porto, oppure certe immagini impresse a fuoco nella memoria, o ancora alcune parole intraducibili legate a momenti particolari.
Sicuro non mi sento depresso, non ancora almeno. Tornare è una sfida, non un arrendersi; e mi sento fortunato, perchè non tutti riescono a vederla così, e non è solo una questione di merito personale, ma anche di cose che, ne più ne meno, ti capitano.
E adesso, boh. Ho tanti progetti, e la certezza che molti di questi siano campati in aria, ma mi piace così. Ho bisogno di un posto mio, anche se tanti posti possono essere "case". Sono confuso e un po' sballottato dall'arrivo, fatico a ordinare i pensieri, compilo liste di cose da fare per darmi un tono e pensare che voglio essere impegnato e mai nullafacente. Nei giorni scorsi ho raccolto decine di frasi che avrei voluto scrivere qui, piccoli racconti e cose che mi avevano colpito, ma ora non riesco a fare che bilanci generali e imprecisi. Forse nessuna contava molto, o forse è che dovrei dire troppe cose. Allora mi accontento di rivedere gente (quanta! Ed è una fortuna, altrochè), riservandomi di ripassare di qua quando sarò più lucido e più veneto.