mercoledì 26 settembre 2012

Matteo, non più Lisbona (Portogallo) ma Colli Euganei (Italia, anzi Veneto)

Non mi son reso conto (per davvero, intendo) che stavo tornando fino a quando l'aereo non è atterrato all'aereoporto di Bologna, attraversando tra le turbolenze la coltre di nubi basse e imbevute d'acqua grigia che, a Lisbona, il vento salato dell'oceano portava sempre altrove. Sceso, ho respirato l'umidità calda che, di lì a poco, sarebbe stata raffreddata dalle prime piogge autunnali. In Portogallo si andrà al mare fino alla fine di ottobre, cazzo. Evvabbè. 
Fino all'altroieri, l'italiano era la lingua della confidenza, da parlare limitatamente a certe situazioni. Ritrovarlo in strada mi ha scioccato più di quanto mi aspettavo, mi ha fatto sentire più nudo ed esposto, come se tutti potessero leggere facilmente quello che stavo pensando.
Era tanto che non scrivevo quaggiù sui sette mondi, e mi scuso con chi contava su di me per questo. Ero troppo impegnato a succhiare quanto potevo da quella città meravigliosa e indolente, come chi aspira freneticamente le ultime boccate da una sigaretta appena iniziata, mentre il treno su cui deve salire è ormai arrivato al binario, e sta già ripartendo.
Certe cose me e porterò dentro a vita. E non parlo di quelle più ovvie, come le amicizie e gli amori che mi lascio indietro (e, almeno un po', anche avanti, spero). Più che altro di quelle sfuggenti e indefinibili, come che ne so, gli odori del porto, oppure certe immagini impresse a fuoco nella memoria, o ancora alcune parole intraducibili legate a momenti particolari.
Sicuro non mi sento depresso, non ancora almeno. Tornare è una sfida, non un arrendersi; e mi sento fortunato, perchè non tutti riescono a vederla così, e non è solo una questione di merito personale, ma anche di cose che, ne più ne meno, ti capitano.
E adesso, boh. Ho tanti progetti, e la certezza che molti di questi siano campati in aria, ma mi piace così. Ho bisogno di un posto mio, anche se tanti posti possono essere "case". Sono confuso e un po' sballottato dall'arrivo, fatico a ordinare i pensieri, compilo liste di cose da fare per darmi un  tono e pensare che voglio essere impegnato e mai nullafacente. Nei giorni scorsi ho raccolto decine di frasi che avrei voluto scrivere qui, piccoli racconti e cose che mi avevano colpito, ma ora non riesco a fare che bilanci generali e imprecisi. Forse nessuna contava molto, o forse è che dovrei dire troppe cose. Allora mi accontento di rivedere gente (quanta! Ed è una fortuna, altrochè), riservandomi di ripassare di qua quando sarò più lucido e più veneto.

giovedì 20 settembre 2012

Postilla al post precedente (Gechi, Montréal, Québec)

Il governo di Pauline Marois ha già deciso di abrogare la famigerata legge 12, che limitava il diritto di manifestare. Ha confermato la chiusura della centrale nucleare di Gentilly-2, a Bécancour, e crea un fondo di diversificazione dell'economia di quella regione pari a $200 milioni. Ha annunciato l'eliminazione della tassa sulla sanità di $200; quei soldi verranno ottenuti tassando i più abbienti.
Prima in Francia, adesso in Québec: la loro sinistra sì che ha le palle.
Allonsanfan!

mercoledì 19 settembre 2012

Post-elezioni (Gechi, Montréal, Québec)


Dopo la vittoria del Parti Québécois alle elezioni, pur se con stretto margine e quindi governo di minoranza (= maggioranza relativa), certi anglofoni si sono spaventati, temendo una riduzione dei loro diritti da parte di un governo "leghista". In realtà il PQ è un partito di centro sinistra molto composito e non unanimemente separatista. Anzi, sembra che la maggioranza qui non sia veramente interessata a separarsi dal Canada. Si tratta comunque di una società distinta, dove il francese è l'unica lingua ufficiale (inglese e francese nel resto del Paese), dove si cerca di proteggere una cultura praticamente circondata da quella anglo-americana. Puo' essere comprensibile che a volte si estremizzi questa tendenza a distinguersi, a lottare contro l'omologazione. 
Inoltre il PQ ha sempre avuto politiche progressiste: Pauline Marois, la prima donna capo del governo nel Québec, già negli anni 90 aveva introdotto  un prezzo politico di $5 al giorno per gli asili nido. 
Il governo precedente (liberali, di destra) aveva introdotto una tassa sulla salute di $200, indipendentemente dal reddito, e ora la Marois la abolirà; come abolirà il famigerato aumento del 75% di tasse universitarie che provocò i 6 mesi di sciopero a oltranza degli studenti (e la mia curiosità per Montréal). Per combattere la corruzione in politica, promettono di ridurre il limite massimo di donazioni ai partiti da $1000 a $100 per persona all'anno e vietare quelle da sindacati o aziende.
Inoltre la Commissione Charbonneau sta indagando sui legami tra politica, industria edile e mafia (hanno anche chiamato a testimoniare una criminologa italiana, Valentina Tenti). La mafia italiana a Montréal c'è eccome…
Uno dei leader del movimento studentesco, Léo Bureau-Blouin, 20 anni, si è candidato col PQ e ha vinto il suo seggio, battendo un liberale che l'avevo tenuto per tre legislature di seguito. Pauline Marois l'aveva sostenuto, nonostante le critiche, chiedendo come mai un ventenne potesse combattere in Afghanistan e non candidarsi a una carica pubblica.
Donne, giovani, manifestazioni di protesta ogni 22 del mese (sabato prossimo il vostro inviato speciale ci sarà)…il Québec sì che sprizza vivacità.

domenica 16 settembre 2012

Parchi di Montréal (Dal politico al personale, Gechi)


C'è il Parc Maisonneuve, dietro casa, tutto prati e piste ciclabili. Vado lì a correre, non lungo i sentieri prestabiliti, bensì in mezzo ai prati, sotto gli alberi, in mezzo ai denti di leone. Correre sull'erba sì che è una goduria, correre senza fiato, di qua e di là, inseguendo colori e profumi. Quando arriverà l'inverno imparerò a correre sulla neve?
C'è il Parc Lafontaine, più urbano, con i laghetti, i picnic, le amache appese fra gli alberi, il trenino per i bimbi.
C'è il grande Parc Mont-Royal, la collina che domina la città, la collina che mi ha dato una grande emozione quando mi è apparsa all'improvviso, dall'autostrada, con quel duomo luccicante (Notre Dame des Neiges) e quel verde rinfrescante.
La vegetazione è molto simile a quella dei Colli Euganei, o almeno mi sembra molto più familiare della foresta pluviale sulla West Coast. Ci sono andato oggi in bici, seguendo il viale di terra battuta che di domenica pullula di gente, su e giù in passeggiata. Volevo esplorarla tutta, vederne tutti i lati. Da in cima ho visto la città da una parte, con quella strana struttura fantascientifica che è il Bio-Dome, e dall'altra la campagna sterminata, il fiume Saint Laurent che luccicava lontano - ma il fiume è anche vicino, Montréal un'isola in mezzo. E poi sempre quella cupola enorme del duomo, che non sono riuscito a raggiungere e non ho ancora capito bene come ci si arriva e va bene così.
Ho come fretta di vedere tutto e conoscere tutto, come se non avessi tempo; e invece qui io starò a lungo, questa diventerà casa mia. Sarà bello scoprirla poco a poco.

Silvia, nei centri commerciali nelle agenzie interinali sulle strade provinciali


Pensavo che avremmo passato l'estate a ridere su una spiaggia, e invece io sono rimasta al centro commerciale e sulla spiaggia tu ci sei andato non so con chi. Nel frattempo il mio contratto a progetto è diventato un contratto di formazione, e ora è un contratto a chiamata. Come con te. Se chiami vuol dire che mi ci vuoi, nella tua vita, se non chiami no, posso prendere altri impegni. Ma ci capiamo sempre meno e io non ti vado tanto bene. Così il mese di agosto parti per il mare. Chiami solo una volta, dici cose che non ricordo nemmeno. Poi torni. Non ti fai sentire. Sono sempre dentro al centro commerciale. Ripasso la storia e la filosofia, nelle ore di pausa, chiusa nel magazzino. Che non si sa mai, magari un giorno mi chiamano per quello che ho studiato. E invece mi chiama solo il tecnico per conto della compagnia telefonica, perchè c'è un cavo da cambiare. Te lo ricordi di quando c'erano tutte quelle interferenze, che ci telefonavamo il sabato mattina, e un giorno si aggiunse alle nostre voci quella del tecnico che ci informava che stava ascoltando la nostra conversazione per valutarne la qualità? Ecco. Ha chiamato di nuovo. Mentre per il resto non chiama nessuno. Non chiamano da nessun lavoro, non chiami te, non chiama più nemmeno il vento dei giorni passati.
Riguardo l'ultima busta paga e c'è una casella dedicata al trattamento di fine rapporto. Ci sono dentro numeri, che non so se sono ore o soldi o le lacrime che ho versato quando poi finalmente hai chiamato. Perchè se hai chiamato era per lasciarmi. Non ci capiamo e non è quello che vogliamo.
Pensavo che avremmo passato l'estate su una spiaggia, e invece dell'estate abbiamo visto solo quella strada provinciale dove mi sono sentita male perchè mi stavi lasciando. Anche se non siamo mai stati insieme. Anche se era solo un contratto a chiamata. E nella nostra casella per il trattamento di fine rapporto non c'è scritto niente, c'è solo il silenzio, e la luce dei camion che passavano, e ci sfioravano, e non sapevano che era la nostra ultima sera insieme.
Poi suona il telefono. Non è il centro commerciale non è niente di che e soprattutto non sei te. Ma intanto l'estate è passata e quello che pensavo me lo scordo. Faccio i conti con quello che c'è, che poi è quello che non c'è. Guardo le caselle piene, le caselle vuote, le caselle che riempio io con le matite colorate. Ci disegno quello che mi va. E ricomincio a pensare a cosa farò, nei centri commerciali nelle agenzie interinali sulle strade provinciali, e penso che forse la prossima estate la passo su una spiaggia, a ridere.

venerdì 14 settembre 2012

Elezioni... (Christian, Amersfoort)

Lo trovarono, ubriaco, sotto il tavolo di una rosticceria cinese sulla Leusderweg. Sante ne aveva bevute parecchie di quelle birre Tsingtao. Quindici, per la precisione. Come i seggi del Partito Socialista, dato per vincente fino a due settimane prima delle elezioni e rimasto invece fisso alla quota delle elezioni precedenti, nel 2010.

E dire che la serata era iniziata bene. Aveva perfino festeggiato con un Fanta-Cassis il tracollo dei nazi-populisti del "Partito della Libertà" di Geert Wilders. "Evvai!"
Ma poi proiezioni e commenti elettorali lo avevano messo ko.
Guardava sullo schermo Grundig d'annata il premier conservatore uscente, Mark Rutte, che rideva fiero dei suoi 41 seggi nuovi di zecca. Un record per Rutte, una birra per Sante.
Guardava il socialdemocratico Samsom, pronto ad andare al governo col conservatore Rutte, per fare insieme allegramente tutti i tagli richiesti dalla BCE. E beveva.
Guardava la faccia da manager bresciano del liberale Pechtold, pronto a suggerire agli altri due le ricette più avanzate del neoliberismo in salsa nordica.
A un certo punto comparve anche il leader democristiano, sconfitto ma avido di governo e tagli anche lui...

Sante si accasciò sul tavolo di plastica bianca pensando al futuro suo e di quel paese in cui era andato a parare. Lo dovettero trascinare via in tre, fino all'uscio di casa.
Il giorno dopo, "sfogliando" la Repubblica su internet, lesse un articolo pieno di compiacimento per la "vittoria dei partiti filo-Ue".
"Sono solo dei maledetti neoliberisti!!!" - urlò contro la carta da parati a fiori. Poi si attaccò alla bottiglia di vodka.

mercoledì 12 settembre 2012

Lotta di CLASSE (Gechi, Montréal, Québec)


L'amico Sylvain, vice-presidente di un sindacato prof universitari, molto militante e engagé, mi ha invitato a una serata di presentazione dell'ultimo numero di Cahiers du Socialisme, tema: la rivolta studentesca e la corporatizzazione dell'educazione pubblica.
Si va alla Brasserie Brouhaha (= baccano, baraonda), giornalisti scrittori sindacalisti nonne arrabbiate giovani contro. Tre gli invitati a parlare, brevemente, dei vari aspetti di quello che sta succedendo nel Québec e nel mondo. In pratica, la protesta degli studenti (e non solo loro) è il rifiuto del concetto, già messo in pratica ovunque, che l'educazione è un prodotto e gli studenti dei clienti. Forse mi immaginavo una serata noiosa, ma i québecois sono capaci di trasformare tutto in divertimento. C'era lo scrittore, lucido e dalla visione globale, la sindacalista, pasionaria e incontenibile, e infine la portavoce di CLASSE, il gruppo più combattivo degli studenti. Quest'ultima, ventenne con una piuma di pavone tra i capelli rossi e l'ormai mitico quadratino rosso appuntato al petto, tutta acqua e sapone e gote rosse ma parole chiare e nette, la lotta continua e non ci fermeremo neanche adesso che il PQ ha vinto le elezioni (sinistra moderata). 


Intanto io, che avevo fame dopo aver pulito il mio nuovo appartamento tutto il giorno, mangiavo cosce d'anatra e tracannavo una birra dal gusto buonissimo e diversissimo, mai provato prima. Indescrivibile, forse molto luppolo, e un bouquet di fiori primaverili (quante se ne sparano a descrivere liquori).
Allora, i francesi quando parlano "ufficialmente" assumono un accento abbastanza neutro e comprensibile; quando parlano fra di loro invece tornano al proprio accento, che a volte mi sembra di un americano ubriaco che cerchi di parlare francese…
Bella serata, e poi me ne sono tornato a casa in bici senza casco né maglione, perché qui fa caldo anche a settembre.
E stasera giretto nel quartiere e cena a base di Moules et Frites, un classico francese, nella terrasse di un localino simpatico. Una terrina enorme di cozze saporite, innaffiate con una birra bionda Belle Gueule (Bella faccia, bel muso), mentre leggevo il mio primo libro comprato a Montréal, La versione di Barney di Mordecai Richler (ovvio), con le varie citazioni topografiche che ora posso visitare di persona.
Libri a parte, qui anche mangiare da soli è divertente, ma non conto di farlo spesso, perché i québecois sono socievoli e io pure. Quando spacchetterò tutti gli scatoloni inviterò Yves e Nadine, i due amici attori che vivono nella Petite Italie. È da tanto che non faccio un risotto.

sabato 8 settembre 2012

Sushi a volontà (Gechi, Montreal, Quebec)


Non mi sono ancora trasferito, ma ieri ho fatto un giretto perlustrativo in bici attorno al mio futuro domicilio. Il parco dietro casa è così enorme che dal mezzo non si vedono né sentono le auto. Non sarà il Central Park, ma si respira. Lì andrò a fare le mie corsette, zampettando con gli scoiattoli. Poi ho cercato i negozi e non lontano c'è un quartiere che ad un'estremità sembra proprio malandato, con bettole e tuguri, e poi man mano  migliora e offre caffè e ristoranti uno accanto all'altro. Ci sono comunque molti servizi per la comunità, poveri eccetera, e dà l'impressione si tratti di un quartiere popolare in fase di trasformazione e "yuppizzazione" (in una parola inglese: gentrification).

Sono curioso di scoprire se saranno buoni i "sushi à volonté", ovvero prezzo fisso e mangiane quanti ne puoi. Invece qui all'angolo, e siamo nella Petite Italie, c'è un miniristorante di sushi che pare siano fantastici.
Sempre dietro l'angolo (un altro) c'è la launderette, beuvage, dove ho fatto il bucato. L'unico così, perché da lunedì lo farò in casa, e quando sei in affitto è un lusso se non ti devi comprare tu lavatrice ed essicatrice.
Continuano le serate sociali con il vicino e la sua morosa; stavolta mi hanno portato a mangiare un sorbetto di gran qualità al famoso mercato Jean Talon. Il gusto melone sembrava proprio melone puro, saporitissimo, come pure il fragole del Québec.
Poi siamo andati al bar a berci un chianti e a parlare di politica e arte a Montréal. Ancora tutto da scoprire per me.
Ah, ho scoperto l'origine del nome Québec: in una lingua nativa, significa punto dove il fiume si allarga (è il San Lorenzo), davanti a Ville de Québec, che diede poi il nome alla provincia.

mercoledì 5 settembre 2012

Casa dolce casa (Gechi - Montreal, Québec)


Ogni tanto, girando in bici per i vari quartieri, trovo dei pianoforti parcheggiati sul marciapiede, agli incroci. Sono disponibili per chiunque voglia suonarli. Sono dipinti stile hippy, il suono ricorda quello dei saloon, ma nessuno spara sul pianista, anzi c'è sempre qualcuno che strimpella del jazz o classica. Di notte li coprono con un telo impermeabile. 
Di traffico pazzesco non ne ho visto, anche se ci sarà sicuramente sulle arterie principali coi pendolari. Comunque andare in bici è molto sicuro, perché a parte le belle piste ciclabili gli autisti sembrano molto poco aggressivi verso i ciclisti. Sfogano la rabbia fra di loro, a colpi di clacson e "tabarnac!".
Le parolacce in Québec hanno una base cattolica e provengono proprio dalla liturgia: tabernacolo ("tabarnac"), ostia ("estie!"), me ne fotto ("je m'en calice"), cristo ("criste", ma suona più come "criss"). Il cattolicesimo ha dominato qui a lungo come in Irlanda. Poi arrivarono gli anni settanta e la rivoluzione culturale. Le donne, fino ad allora, non avevano diritto a firmare documenti ufficiali e il marito faceva da padrone. Ieri sera gli elettori hanno votato la prima donna capo del governo nella storia del Québec.
È un mondo diverso dal Canada inglese, ricorda un po' il casinismo irlandese. E qui dietro nel cortile sembra quasi di essere a Napoli.
Ma oggi ho trovato casa, bella spaziosa e luminosa e quindi non qui nella Petite Italie, dove son tutti appartamentini stretti e un po' malandati. Ho dato priorità allo spazio per le visite che riceverò dagli amici di tutto il mondo, piuttosto che al carattere del quartiere. Sarò comunque accanto al parco/giardino botanico e il verde attorno è importante. E a 20 minuti in bici dal centro.

Son qui da 4 giorni e mi sento già a casa mia, molto a mio agio.

lunedì 3 settembre 2012

Ah, Montreal (Gechi)


Allora, eccomi qua a Montréal, in un settembre di sole e prime foglie che cominciano ad arrossare. Sto nel quartiere Petite Italie, ospite da un vecchio amico francese dai tempi di Victoria. La gente è simpatica e parla con un accento particolare, che fa ricordare quello di Benvenuti al Nord, anche se non sono proprio simili. Ieri sera ho chiesto al vicino/padrone di casa delle informazioni e mi ha invitato a entrare per un bicchiere. Abbiamo finito una bottiglia di ottimo bordeaux e lui e la sua morosa mi hanno spiegato un po' di cose. La differenza fra la gente di Victoria e Montréal è strabiliante. Qui mi sento benvenuto e a mio agio.
Ieri giretto a piedi fino al parco di Mont-Royal, dove c'era una marea di gente spaparanzata sui prati, a suonare, sonnecchiare, intraprendere varie attività tipo camminare su una fune elastica (a mezzo metro da terra) o battaglie con spade e scudi (sono arrivati pure qua i celti). E poi su per i mille sentieri che portano in cima al colle, dove c'è un duomo enorme chiamato Notre Dame des Neiges, un nome che trovo affascinante. Prevedo inverni freddi; mi comprerò i mutandoni di lana.
Oggi invece giro in bici col servizio a pagamento Bixi, dove pigli una bici in una qualsiasi delle 420 stazioni e la molli in un'altra, dove ti pare.
Montréal è la migliore città in Canada in fatto di piste ciclabili. Molte sono separate dal traffico automobilistico.
Ho anche trovato un circuito per correre, lungo la ferrovia. Non è come sl lungomare, ma è tranquillo e lontano dal traffico. Me lo ha mostrato una gentilissima francese, che ha cominciato a spiegare in inglese non appena ha capito che ero straniero. Succede spesso qui, specie coi giovani. 
In giro per le strade si sentono parlare tutte le lingue del mondo. Davanti al Bar Sport i vecchi discutono di calcio in italiano, con varie inflessioni dialettali.
Seduto davanti alla finestra che dà sulla via, abbastanza tranquilla, guardo i molti alberi e immagino che la raccolta di foglie secche dev'essere una bella impresa in autunno. Varia umanità continua a passare e non vedo l'ora di conoscere più gente.