martedì 31 gennaio 2012

Canada, Terra

Ha fatto il giro del mondo l'omicidio plurimo, da parte di un ricco uomo d'affari afgano, la sua seconda moglie e il figlio maggiore, di 3 figlie teen-ager e della prima moglie. Colpevoli, le figlie, di voler uscire la sera, di avere il ragazzo, di vestirsi all'occidentale. Un delitto "d'onore", di possesso. Le intercettazioni hanno rivelato, tra le tante cose, che il padre si sentiva "un cornuto", ovvero si considerava il padrone della loro sessualità. Il caso ha suscitato reazioni diverse. I maggiori gruppi islamici hanno stigmatizzato il loro comportamento criminale e fondamentalmente irreligioso, perché la vita umana è sacra per il Corano. Nel verdetto il giudice ha affermato che gli assassini hanno dimostrato un senso distorto e criminale dell'onore, che non ha nessun posto nella società canadese e non fa parte dei valori canadesi. Questo è stato considerato offensivo, visto che si tratta di valori universali. Insomma un velato razzismo o complesso di superiorità culturale. Comunque il dibattito sulle differenze culturali e religiose esiste anche qui. Per ora non si parla di bandire il burqa (tranne che nel giuramento nella cerimonia della cittadinanza), perché non si ritiene corretto imporre agli altri le proprie idee. Per quanto il burqa sia un simbolo di oppressione, uno sceglie di fare quel che gli pare, se non costituisce reato. Il Canada è stato fatto dagli immigrati, da mille mondi diversi che si sono adattati a convivere, a mescolarsi, pur nel rispetto delle identità culturali. Per esempio, il casco in bici è obbligatorio in British Columbia, ma i sikh portano il turbante e ne sono esentati. D'altro canto, la poligamia è reato, e infatti l'omicida afgano non aveva dichiarato di averne due di mogli. La seconda se l'è presa perché la prima non gli aveva dato figli. Riguardo all'assassinio delle tre ragazze, altri gruppi sostengono che sarebbe meglio smettere di insistere col delitto d'onore e chiamarlo per quello che è, un omicidio e basta. Anche per non dare spazio alle interpretazioni razziste. Ho letto che diversi esponenti musulmani considerano il burqa ed altre cose come orribili usanze tribali che non c'entrano nulla con la cultura islamica contemporanea. Ricordiamoci che il delitto d'onore era materia di film in Italia fino agli anni sessanta. Comunque il messaggio di questo processo è anche che in Canada le donne vanno rispettate e la loro uguaglianza sempre ribadita.
I tre sono stati condannati all'ergastolo, con nessun diritto di richiedere la condizionale per i primi 25 anni.

lunedì 30 gennaio 2012

Vanessa, Newcastle, UK

30 di' conta Novembre con April, Guigno e Settembre. Di 28 ce n'e' uno, tutti gli altri ne han 31.
Ogni qualvolta mi devo ricordare questa filastrocca perche' mi scordo quasi sempre che giorno sia. Sara' il fatto che sono giorni che la nebbia domina nel mar del nord est. Un' opprimente nebbia grigia. Non si riescono piu' a vedere le pale eoliche nel mare ma solo i gabbiani, i giganti gabbiani che volano bassi in cerca di qualcosa da mangiare. Sono poche le persone che camminano sulla spiaggia. Cani e padroni, fianco a fianco raccolti nella nebbia  e dal suono di un mare troppo mosso. Mi domando come facevano i vichinghi a navigare in mare simile. La nebbia e' spesso presente negli inverni inglesi. Non c'e' persona che non si aspetti un cielo grigio con un ombrello sotto il braccio. Ma a dirti la verita', nel nord est, la nebbia si trova solo sulla costa. In citta' e in campagna non arriva quasi mai. Un cielo limpido e splendente. Un freddo e un vento agghiacciante, questo si. Ma non la nebbia. 
Sara' per questo che perso il conto con i giorni...mi sono messa ad asservare il cielo, e il mare in tempesta e il tempo mi e' volato via.

sabato 28 gennaio 2012

Alessandro, Sundsvall, Svezia

Ieri era "Il giorno della memoria". Nel  mondo, di cui la Svezia evidentemente non fa parte.
Giovedí vedendo e sentendo che non veniva preparato nulla ho chiesto ad un'insegnante della scuola dove lavoro se veniva celebrato anche qui. Ha risposto che qui non hanno ragione di celebrarlo perché la Svezia nulla c'entra con la seconda guerra mondiale...... loro erano neutrali! A parte naturalmente il piccolo particolare di permettere alle truppe naziste il passaggio sul territorio svedese dei trasporti ....... dettagli insomma.
Come dettagli devono apparire i milioni di vite umiliate prima ancora che spezzate nei campi di concentramento, dettagli i giovani e non, che hanno perso la vita in battaglia o sotto i bombardamenti, dettaglio il terrore e la ferocia che ogni guerra porta con sé, dettaglio il fatto di appartenere ad un'europa che tutto questo l'ha subito...... poi un giorno forse si sveglieranno come improvvisamente e dolorosamente si sono svegliati in Norvegia.... ed allora pioveranno le domande che poi son sempre le solite...... perché? Come é potuto succedere proprio a noi?

Le luci son rimaste spente nella notte scandinava, meglio non ricordare l'orrore e bearsi della normalitá.......

Alcuni versi introduttivi di "Se questo é un uomo" di Primo Levi dicono:

« Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.»

Consideriamolo, e consideriamo che ancora oggi questi uomini esistono.

venerdì 27 gennaio 2012

Christian, Amersfoort, Paesi Bassi

In questi giorni sono in rapido passaggio da un mondo all’altro. E i mondi non sono solo sette. Sono molti, molti di più.

Martedì pomeriggio ho lasciato Amersfoort, città murata, e in treno sono arrivato nella città-fabbrica, Eindhoven, dove tutto si chiama Philips. Poi mi sono unito al mondo di quelli che viaggiano per mestiere e per turismo, con un aereo sono sbarcato a Ciampino, con una macchina ho attraversato Roma seguendo la via Appia e sono arrivato nel quartiere del Nuovo Salario, in una casa piena di ricordi e affetti. Un treno che un tempo conoscevo come le mie tasche mi ha portato a Firenze, dove ora mi muovo in bicicletta tra quartieri più e meno noti. Lunedì mattina andrò a Pisa e da lì di nuovo nella città della Philips e poi di nuovo nella “porta del Randstad”, cioè Amersfoort.
Tanti mondi, collegati e distinti. Se mi parlate di Olanda e Italia non capisco. Non vedo dove finisca l’una e inizi l’altra. Non capisco cosa intendiate quando parlate dell'una e dell’altra. Non capisco perchè insistiate a parlare dell'una e dell'altra.
C’è continuità e rottura in ogni strada di ogni città. L’estate scorsa siamo andati in macchina da Amersfoort al Salento e abbiamo visto tanti mondi tuffarsi l’uno nell’altro, intrecciarsi e distinguersi continuamente. Voci simili, problemi simili, modi di sentire simili, anche se le case, i colori, le lingue e i dialetti erano diversi.

Nel treno da Roma a Firenze, ieri, nello stesso vagone c’erano due ragazzi di Pechino, un romano-pugliese che abita ad Amersfoort, una suora del Kerala, una signora di Tilburg con due bambine nate a Roma, un signore di Bergamo, una quarantenne fiorentina. Tanti mondi, e un luogo che si spostava a duecento chilometri all’ora.

giovedì 26 gennaio 2012

Silvia. Berlino. Germania.


A Berlino c'è il Landwehrkanal, e i sentieri che gli corrono accanto in qualunque stagione. D'estate è verde, o è spoglio per l'inverno, con le rive umide di fango, mentre in autunno le foglie secche si rompono sotto i passi di chi cammina, di chi corre, di chi si ferma a leggere lungo le sue sponde. Di giorno, quando l'aria è fredda, o di notte, quando è gelida, e la nebbia sale dalle sue acque, il Landwehrkanal è lì.
Un pomeriggio ci avventuriamo oltre il punto in cui il canale si divide in due. Il sentiero finisce, seguiamo a caso una strada. Ci ritroviamo a Schlesisches Tor. Da lì la tentazione di raggiungere la Spree, il fiume che attraversa Berlino, diventa irresistibile.
Sul ponte di Warschauer il vento è quasi insopportabile, ma andiamo a diritto (immer geradeaus!). Ignoriamo la East Side Gallery, ciò che del muro resta, e i bar di Friedrichshain, un tempo l'est della città divisa.
Senza preavviso la Frankfurter Allee spalanca i suoi spazi enormi davanti ai nostri occhi. Un tempo si chiamava Stalinallee. Oggi ha ripreso il suo vecchio nome. A sinistra, lontana, svetta la torre della televisione e dovunque s'impongono le abitazioni di Friedrichshain. Dopo il 1989 sono state tutte ristrutturate. E' un quartiere brulicante di vita.
Una notte ci accorgemmo che alcuni palazzi erano rimasti chiusi dal tempo dell'est. Sui campanelli c'erano i nomi delle persone che li avevano abbandonati, e lucchetti alle cassette della posta. Scoprimmo in seguito che quelle costruzioni erano chiamate Stalinbau.

Quel pomeriggio di vento i lavori per ristrutturare anche gli Stalinbau sono avviati da un po'.
È il crepuscolo. I muratori non si accorgono di noi. Spingiamo piano una porta e subito siamo nell'ingresso scuro di un palazzo. Dai piani più alti vengono le luci e le voci di chi lavora. Quanti piani saranno? Saliamo una rampa di scale e guardiamo in alto. Siamo nel cuore di un edificio enorme. C'è solo polvere, e quelle voci. Guardiamo le porte, nere, di legno pesante, che chissà quante volte saranno state aperte. Adesso è tutto abbandonato e buio. Ma è bellissimo stare lì. Ci fermiamo più a lungo possibile. Poi è chiaro che qualcuno sta scendendo le scale, e noi non siamo stati invitati. Allora, senza far rumore, riapriamo un'altra porta, e siamo sulla strada. Siamo di nuovo sulla Frankfurter Allee.

mercoledì 25 gennaio 2012

La vista dell'Angelo (Felice, Cambridge, USA)

Questo sarebbe dovuto essere il mio primo post. Avevo deciso di iniziare ricordando la vista dell'Italia che si allontanava in verticale, osservata svanire dal finestrino dell'aereo. Avevo deciso di riportare sinceramente le sensazioni che avevo provato. Devo assolutamente lasciare traccia di queste sensazioni da qualche parte, altrimenti andrebbero sprecate, diverrebbero vane! Avevo deciso di ritornare in Italia. Ne avevo accettato i limiti. Mi ero rassegnato a fare il "possibile" rinunciando al "meglio".  L'Italia cade a pezzi esattamente come cadeva quando decisi di ritornarci. Ma ero ben intenzionato a fare la mia parte. Allora sono seguiti anni (pochi per la verità) di impegno. Politica. Cultura. Lavoro. Scrittura.  Trasmissioni radiofoniche. Lavoro. Ad un certo punto il lavoro l'ho cambiato. E quindi ho ricominciato. Studio. Lavoro. Poltica. Cultura. Lavoro. Scrittura. Lettura. Capire, reagire, costruire. Notti. Giorni. Notti. Poi ho deciso di cambiare lavoro di nuovo. Il motivo era forse che ero il solo a volere cambiare. Ero il solo a pretendere di veder riconosciuto il mio impegno. Ero fra i pochissimi a non chiedere elemosine. Mi sono ritrovato a spiegare ai miei superiori che io lavoravo per loro e non contro di loro. Mi risposero che se volevo avrebbero fatto di tutto per concedermi dei buoni pasto. Bene, la rottura era consumata. L'Italia cercava di corrompermi con dei buoni pasto e non capiva come mai io un lavoro non lo volevo regalato ma guadagnato. In breve mi sono ritrovato su un aereo con la faccia che ogni tanto si affaccia dal finestrino. La testa bruciata dalla rabbia, dalla delusione, dalla consapevolezza dell'ineluttabilità di quel volo. Di nuovo di sola andata. E ricordo di avere invocato uno tzunami, un terremoto apocalittico che potesse affondare la penisola che mi aveva cacciato di nuovo. Cosa meritava infatti quella gente? Non era neanche "gente". Era solo una moltitudine di individui. Che affondino. Che spariscano. Hanno giocato con la mia vita e sono così superficiali, così miseri che non riescono a capirlo. Sono le persone mediocri quelle che alla fine ti feriscono più a fondo. Un malvagio è consapevole della propria violenza. Un mediocre no. E la mediocrità è invicibile. Non restava che desiderare, e invocare, pretendere che una pioggia di fuoco si abbattesse sull'Italia, e che fosse di dimensioni bibliche  come quella che cancellò una volta per tutte Sodoma e Gomorra. Ma già all'epoca Dio fece un patto con Abramo: se solo avesse trovato 10 giusti, allora le due città sarebbero state risparmiate. Mentre vedo  la terra che sotto di me si allontana, mentre la guardo in volo, dalla prospettiva cioè dell'Angelo sterminatore, allora di giusti me ne sono venuti in mente più di dieci. Quei pochi giusti hanno salvato l'Italia dalla mia rabbia. Ma basterà questo fatto a salvare loro dall'Italia?

martedì 24 gennaio 2012

Gechi, Victoria, Canada

E poi è tornata la neve, stavolta un po' di più e per restare un 2-3 giorni. Bello, finché non diventa paciugo sporco e fangoso. La nevicata più epica fu nel '96; venne giù a camionate, e scendeva e scendeva, finché coprì quasi tutto, auto, segnaletica, staccionate davanti casa. Abitavo al piano terra rialzato, con il classico portico nordamericano, e la neve era arrivata alla porta d'entrata, quasi bloccata. E così la città si fermò a respirare. Per due settimane, niente più traffico, rumori, niente più fretta di andare, tutti a piedi, chi a lavorare, chi a fermarsi nei crocicchi a parlare con gli sconosciuti. Quella fu la cosa più bella; il ritmo rallentato, per cui tutti avevano il tempo per parlare, per aiutare i vicini, specie i vecchietti bloccati in casa, tutti a piedi a far la spesa, nei sentierini fra le montagne di neve, proprio come in Amarcord. Per due settimane, nel bianco abbagliante e nel cielo cristallino, l'unico suono era quello delle foche sugli scogli, lontanissime da casa mia, ma che il silenzio totale della città esaltava. Eravamo tornati al villaggio, ai suoi ritmi e abitudini. E poi, per una cultura che non sa niente delle vasche, dello struscio sul viale, delle piazze, era un sogno messicano. Moltissimi i casi di gente che andava a far la spesa per i vicini anziani, di feste del vicinato, di shovelling parties, ovvero feste con badile in una mano e bicchiere di vino nell'altra. Il nostro vicino del piano di sotto organizzò una di queste feste, con le bottiglie di champagne incassate nella neve, mentre creavamo un po' di spazio per passare e soprattutto per far uscire i vicini dagli appartamenti nel seminterrato. E poi, dopo due settimane, la neve si sciolse, il livello di stress ritornò, con la fretta, la routine, e il sogno era finito.

lunedì 23 gennaio 2012

Vanessa,NCL, UK

Pensavo che il blog fosse aggiornato ad un'ora Italiana. Ho pubblicato il mio articolo ieri sera giusto dopo la mezza, ma e' venuto fuori come pubblicato di domenica.
Chiedo scusa se cio' rende l'inizio di settimana un po' confuso!
Ma era gia' il lunedi' qui nel nord east. O forse no?
« Some hae meat and cannot eat.
Some cannot eat that want it:
But we hae meat and we can eat,
Sae let the Lord be thankit.  »

domenica 22 gennaio 2012

Vanessa, Newcastle upon Tyne, Gran Bretagna

Tra due giorni, il 25 di gennaio, si celebra il 'Burns Night' ovvero il compleanno di Robert Burns, celebre forse il piu' dei poeti scozzesi vissuto nel diciottesimo secolo. Cosi' celebre da diventare simbolo nazionale del folklore scozzese in tutto il mondo. 
Qui a Newcastle non siamo in Scozia ma siamo comunque a un' ora e poco piu' di macchina dal confine, e si celebra insieme un desiderio di indipendenza dalla corona, la sua legge e la sua moneta. Gia, anche Newcastle vorrebbe staccarsi e costituirsi citta' stato: Geordie Land. Forse e' proprio per questo motivo che Burns night viene celebrato a piu' non posso nei pub di questa citta'. 
La serata viene celebrata in diversi luoghi pubblici in modo formale e non. Di solito nei pub la grinta e quantita' di whisky che si butta giu', rendono la serata molto informale. Essa pero' ha tre ingredienti che non possono esser di meno per tal notte: Haggis, tatties e neeps, whisky e poesia letta e recitata ad alta voce. 
Per chi non e' comune con la cucina scozzese gli haggis sono..praticamente gli insaccati delle interiora di pecora tradizionalmente bolliti e cucinati nello stomaco dell'animale per circa tre ore..penso pero' che oggi giorno lo cucinano fuori dal povero stomaco. Tatties sono semplicemente pure' di patate e neeps sono delle brassicacea tipo tubero e rape di colore bianco e sapore dolciastro, buonissime e a forma simpatica. http://it.wikipedia.org/wiki/Brassica_napobrassica. C'e' poi come sempre la versione vegetariana con semplicemente un haggis veggie dove ci si mette tanta avena e diverse verdurine grattate con noci. Il piatto sempra povero e triste ma per me e' da leccarsi i miei adorati baffettini e sopratutto nutriente. 
Il Whisky e' ovviamente scozzese e io andro' per un Talisker dall'isola di Sky, il mio preferito.
E poi c'e' la poesia. Ed e' li' che purtroppo io mi fermo. Benche' abbia assistito alla Burns night negli anni passati, la magia della poesia e' ancora impenetrabile. Mi tocca leggere in prosa e la rosa perde i suoi petali. Robert Burns ha scritto principalmente in lingua scozzese, o in dialetto scozzese e caro mio lettore io lo scozzese proprio non lo capisco! Ha un suono armonioso e rotondo e sa di un colore blu ma apparte questo non saprei dirti niente altro. 
I miei amici britannici dicono non ti preoccupare e raccontano delle storie e poesie e canzoni da Burns create. Sara' si un simbolo nazionalista e con questo non ho niente a che fare, specie in questi giorni in cui la Scozia potra' fare un referendum per la propria indipendenza. Ma come Shakespeare e' un mondo di bellezza di tragedie e opere, Burns crea magia nel romanticismo e parla di classi sociali, di gender, di socialismo e musica. E allora via giu' io ci riprovo questo mercoledi' sera: mi ci metto nel pub a leggere anche solo 3 versi di una poesia e vediamo un po' che ne esce fuori. Intanto brindo con uno shot di Talisker e buon fine Gennaio a tutti.

Il lettore, Firenze, Italia

Festeggio la settimana completa. Gusto una fetta al giorno con enorme piacere.  

sabato 21 gennaio 2012

Alessandro, Sundsvall, Svezia

Anche oggi all'ultimo tuffo, mi perdonerá IL Lettore e tutti i lettori, anche oggi é stata una giornata di lavoro.

Dovevo fare solo il turno di mattina invece ho fatto anche il secondo, al pomeriggio..... ma come dire di no a gruppi di bambini dai 4 ai 11 anni che ti guardano, ti studiano, ti sorridono, chiedendoti solo di insegnargli un pó a sciare?
Per me é il lavoro piú bello del mondo!!!
Giovedí una bimba di 4 anni guardandomi con i suoi occhioni grandi mi ha chiesto dolcemente: "Allesandro posso venire con te sullo skilift?", e poi quando salivamo insieme ha cominciato a raccontarmi tutte le cose che per lei hanno maggior importanza..... ed a chiedermi spiegazioni su quello che facevano le persone intorno a noi e perché. I suoi occhi sprizzavano gioia, sorride sempre..... ed il suo sorriso é assolutamente contagioso.
Poi ci sono i piccoli drammi, in genere ad inizio lezione: c'é quello cui devi conquistare la fiducia perché non vuole lasciare la mamma, quello che inizialmente ha paura, e con tutti bisogna inventarsi qualcosa di diverso, un nuovo gioco, un nuovo modo di porsi......
I bambini sono fantastici, raramente fanno quello che fanno per dimostrare qualcosa a qualcuno, a meno che anche questo per loro non sia un gioco...... e quando ruzzolano nella neve...... ridono! A volte si sganasciano letteralmente! Poi si rialzano e sono pronti a ricominciare...... non come molti adulti che pretendono di essere nati perfetti e quando cadono cambiano umore, in peggio s'intende.
Cari i  miei bambini, vi auguro di prendere tutta la vita come adesso prendete lo sci, si cade, ci si rialza....... e si ride.

venerdì 20 gennaio 2012

Christian, Amersfoort, Paesi Bassi

E’ molto silenziosa l’Olanda. Poco rumore per strada, nei caffè, nelle biblioteche. Quando si incontrano negli spazi pubblici le persone parlano piano e restano in silenzio mentre passeggiano nei boschi o nelle campagne. Nei treni esistono perfino delle carrozze dove è d’obbligo il silenzio.
E’ molto silenziosa l’Olanda e per questo è possibile ascoltare voci che provengono da lontano. In questi giorni si sente arrivare un brusio costante da oriente, al di là degli alberi dell’Overijssel e delle colline tedesche, oltre Mosca e gli Urali, a sud del deserto del Gobi. Tra pochi giorni cade il “Capodanno cinese” e oltre duecento milioni di persone sono in viaggio verso le loro famiglie. Dalle metropoli sulla costa, dove abitano, si dirigono verso i loro paesi di origine nell’interno, dove li attende il resto delle loro famiglie. Gridano, ridono, piangono e litigano nelle file interminabili nelle stazioni ferroviarie del Sud-Est, siedono per ore in vagoni dove non c’è alcun obbligo di silenzio, prendono pullman strapieni e camminano per chilometri finché raggiungono le loro case.
E’ un mondo che “noi europei” conosciamo poco e al quale pensiamo solo attraverso i nostri pregiudizi. I cinesi come formiche senza una propria identità, i cinesi come comunità chiusa, i cinesi come individui fraudolenti sempre pronti a rubare i nostri segreti: queste sono le immagini che abbiamo davanti agli occhi quando leggiamo un articolo sulla Cina in un quotidiano.
Negli ultimi anni molti giornalisti e ricercatori hanno però seguito questi migranti nei loro viaggi e hanno parlato con loro. Sono stati pubblicati libri eccezionali, con splendide fotografie di grattacieli e capanne, ragazze sorridenti e uomini pensosi con mani da contadini. Migliaia di storie di vita emergono da quelle immagini, proprio come da un dipinto di Brueghel nel Rijksmuseum di Amsterdam. Guardandole, ascolto le voci di quelle persone e i loro rumori, le loro grida, le loro canzoni.

giovedì 19 gennaio 2012

Silvia. Berlino. Germania.


Skalitzer straße. C'è un imbiss, uno di quei posti un po' precari dove si mangiano cose grasse, unte, decisamente insalubri.
Siamo lì davanti, ci sbirciamo dentro, e dentro c'è una donna anziana. È raro vedere anziani a Berlino. E noi ci diciamo: chissà quante ne ha viste. Avrà visto la seconda guerra mondiale. Avrà visto la divisione di Berlino. Avrà visto chissà quante cose.
Due mesi dopo, al museo di Kreuzberg, passiamo da una foto all'altra. Le didascalie in tedesco, le lotte per la casa, e la lotta alla droga, che non è più allo zoo, ma tutta lì, a Kottbusser Tor, o Kotti, come dicono qua.
E c'è una foto soprattutto, e i nostri occhi si granano, diventano enormi. C'è Skalitzer straße nel 1968, e c'è un imbiss. Montag geschlossen, dice il cartello appeso lì fuori. E c'è una donna con i capelli scuri. Lei è Anni, ci dice la didascalia, e ha aperto quell'imbiss dopo la fine della guerra. Imbiss am Kotti, si chiama così. E da allora ogni giorno, tranne il lunedì, Anni è stata in Skalitzer straße a vendere panini ed è diventata una delle istituzioni di Kreuzberg.
E un giorno Anni fu lì anche per noi, e mangiammo insalata di patate. Le chiedemmo: lei è Anni? Sì, rispose. Chissà quante ne ha viste, avrà visto chissà quante cose, ci dicemmo di nuovo.

mercoledì 18 gennaio 2012

Buon Martin Luther King Day, Italy (Felice, Cambridge, USA)

Quando lunedì sono andato al lavoro, ho trovato il laboratorio con pochissima gente. Bar chiuso, poca frenesia.   Solo una volta sedutomi alla scrivania mi sono accorto che si celebrava la giornata in memoria di Martin Luther King, festa nazionale. Mi sono sentito colpevole di non aver onorato il Dr. King. La scusante è che non lo sapevo. Allora l'ho celebrato a modo mio, pensadoci un pò su. Dr. King è stato una persona molto pragmatica. Aveva bene in mente quali, quanti, come i diritti dei neri americani erano da secoli calpestati. Ci era passato anche lui. Lui non parlava a nome di. Parla prima di tutto per se stesso. Io invece da Italiano, ho spesso ascoltato le trombe dell'ideologia. Del giudizio a priori. Della battaglia di principio utopico e irrealizzabile. Il Dr. King ha così impersonificato (che è disverso da "rappresentare") l'esperienza, la vita, la storia di milioni di afroamericani. E' stata una figura unificante, una sinstesi della vita e soprattuto delle aspettative di molti. Quanto siamo divisi noi Italiani. Sempre più a nostro agio ad essere capi di una banda di paese e mai disposti ad essere i vice-capo della più grande orchestra del mondo. Nei vari "estero" in cui mi è capitato vivere gli italiani erano la comunità meno unita, dilaniata da invidie interne. Anche qui a Boston ci sono 25.000 associazioni di cultura italiana a fronte di 15.000 abitanti italiani. Ma poi è la profondità morale di Martin Luther King che ancora mi colpisce. Quella profondità morale che deriva dall'aver pagato il prezzo della sua battaglia. Dalla fatica. Dalla rinucia. Che non sono sacrifici e sofferenze. Sono la prassi di qualsiasi processo che si ponga un obiettivo da raggiungere. M.L. King non è stato messo a capo di un movimento da una lobby di partito o da qualche conoscente in ansia di sistemare i propri familiari. Buon Martin Luther King Day, Italia!

martedì 17 gennaio 2012

Gechi, Victoria, Canada

Ieri notte è nevicato. Si fa per dire, un centimetro, un po' di zucchero a velo su tetti e alberi, che per sera è già sparito. Non fa mai abbastanza freddo qui; ho venduto i doposci tanti anni fa. E infatti ci sono i colibrì, che restano anche d'inverno.
Ricordo quando portavo mia figlia alle elementari in bici, seduta sulla canna, attraverso il parco e ogni mattina, alla stessa ora, sullo stesso albero, c'era sempre un colibrì appollaiato (ebbene sì, anche loro si fermano ogni tanto) che ci salutava.
Ma sanno anche essere aggressivi. L'estate scorsa, mentre innaffiavo l'orto, questo colibrì mi si parò davanti, librando a mezzo metro dal naso e mi fissò con sguardo di sfida. E non se ne voleva andare. Forse voleva marcare il territorio, o era attratto dai colori della mia maglietta.
Però quando nevica niente bici, son già caduto in vespino e non voglio riprovarci. Comunque Victoria è in genere una città da biciclette; poco traffico, gente tranquilla, così tranquilla che ogni tanto sorpasso le auto in corsa. Ci sono perfino i poliziotti in bici, e quelli ti beccano se non porti il casco (obbligatorio, e 'sti cazzi).

lunedì 16 gennaio 2012

Vanessa, Newcastle upon Tyne, Inghilterra

 Finalmente anche qui nel Nord East e' arrivato il freddo. Dopo un autunno e un inizio di inverno davvero mite, la brina e il ghiaccio si sono fatti avanti e il paesaggio intorno ha cambiato colore. Il vento si e' abbassato e vicino alla costa, dove sto io, ci si prepara a spargere il sale per le strade per cercar di evitare brutte cadute e scivolate con bici, monopattini, passeggini e macchine.  
Fa freddo, fuori fa freddo e i gradi sono sotto lo zero. Quando ieri sono stata nel parco con la mia mimmina di 13 mesi in groppa sulle spalle, abbiamo notato che hanno aperto un nuovo spazio vicino alla caffetteria, un "angolo per animali". C'erano dei porcellini, tanti uccelli in gabbia, anatre e oche, galline e un gallo, conigli, due caprette e pure degli alpacas con il pelo tagliato a mo di capigliatura stravagante. C'erano tanti bambini con le proprie famiglie a vedere gli animali e tutti sembravano contenti di poter ammirare queste splendide creature. 
Mi e' venuto male. Ho spiegato a Molly, mia figlia, che probabilmente gli animali non ero altrettanto contenti di essere li. Lei mi ha guardato con i suoi occhini blu e ha cominciato a fare il verso del serpente indicando le caprette. Abbiamo accarezzato la testina di una delle bestioline, l'ho portata sull'altalena. Batteva le mani contenta e poi si e' mezza addormentata al movimento dolce dell'andare. 
Tornate a casa, la canina della nostra vicina, e' venuta a farci le coccole . Leccava le manine di Molly mentre lei le tirava i peli delle orecchie. Ho bevuto una bollente tazza di te' nero (black tea) con il latte e mangiato biscotti al ginger. Ho offerto alla mia vicina un bicchiere di vino di mele fatto da me. Lei ha arricciato il naso e in dialetto geordie mi ha detto che le mele stanno bene solo nelle torte. Allora con una mezza pinta di birra scura abbiamo brindato al piacere dell'essere diverse.

Segui il link e puoi vedere il parco dove andiamo a camminare

domenica 15 gennaio 2012

Matteo, Lisbona, Portogallo

Bologna-Lisbona by plane è una rotta fantastica, una linea dritta, un binario sopra le nuvole che passa a 800 chilometri all'ora sopra le stazioni di Parma, Genova, Marsiglia, Madrid, senza mai fermarcisi. Però è bello così, perchè da là sopra si vede tutto, specie se il cielo è terso, o quarto. Quando manca un quarto d'ora all'atterraggio, il grosso pezzo di metallo che ti sta trasportando comincia a scendere verso la foce del Tago (Tejo per i portoghesi) e verso i due lunghissimi ponti che ci passano sopra e collegano il centro della capitale ai quartieri più a Sud. Il ponte del 25 Aprile (chiamato così in memoria del giorno della liberazione dalla dittatura di Salazar, anche se ho sentito una vecchietta tremendamente realista e lucida nei giudizi affermare: - Potevano chiamarlo ponte sul Tejo, non ci siamo liberati da un bel niente, a comandare son sempre gli stessi!-) sembra veramente il Golden Gate di S. Francisco, stesso colore, stesso stile liberty, e dall'aereo è veramente un bello spettacolo. Il mio appartamento è in un palazzo color puffo abbastanza di cattivo gusto, ma così tanto che fa tutto il giro e diventa bello, anzi, ora mi piace un sacco, davvero; che poi, quando scendi verso il Parco per dirigerti verso la fermata della metro (stazione di Alameda), o per fare la spesa, passi per una via (Rua, come si dice qui) in discesa piena -ma piena- di gruppi di una quindicina di pensionati. Al centro di ogni gruppetto -posizionato rigorosamente sotto un albero ai margini del parco- stanno due vecchi che giocano a domino come nei romanzi di Paco Ignacio Taibo II, e tutti gli altri vi stanno attorno, commentando la partita, la prima pagina del giornale del giorno, il regime dell' austeridade, le gambe delle signore che passano. E' una delle cose più caratteristiche e genuine che ho trovato, assieme agli arrotini ambulanti in bicicletta che attraversano la città attirando l'attenzione non già con la voce, come in Italia, ma con dei fischietti dalla forma e dal suono inconfondibili; senza contare quelli che per strada ti lucidano le scarpe, plastificano documenti, fanno ritratti col carboncino. La prima notte sono stato, esattamente come tutti quelli che conosco qui, al famoso Bairro Alto, il quartiere del divertimento e dei bagordi. Bello, ma ero troppo stanco per divertirmi. Il giorno dopo ho preso la metro con la chiara intenzione di perdermi per la città, e ci son riuscito quasi subito. Ho mangiato il pesce in un ristorantino dell'Alfama, un quartiere arrampicato su per la collina, con vicoli stretti che manco a Venezia, ho girato per il mercatino della Feira da Ladra (roba usata e anche rubata, almeno così mi dicono tutti, e il nome sembra confermarlo), ho comprato due buste piene di verdure per cinque euri e mezzo, ho detto "Bom dia" e "obrigado" una quarantina di volte, sempre a qualcuno di un colore diverso, perchè in questa città si respira proprio aria di porto di mare, e ci passa chiunque, e penso che questo sia il migliore antidoto contro il razzismo. Nei giorni successivi ho comprato una chitarra per un prezzo piuttosto basso e ho speso molti soldi in cose inutili o deprecabili. Il mio computer è più lento di un'anitra in preda alla morfina. A volte lo odio profondamente ma poi, allorchè si ripiglia, l'ammiro per la sua tenacia, che gli permette di abbarbicarsi alla vita come se dentro a quei circuiti vi fosse qualcosa di lontanamente simile all'istinto di conservazione. Ora provo a caricare un paio di video sul tema "Suoni di Lisbona", spero di riuscirci, me l'ha chiesto il Lettore-Ideatore C.P. Stasera minestra di porri e zucchine e forse la partita in streaming. Alla prossima.

sabato 14 gennaio 2012

Alessandro, Sundsvall, Svezia

Stasera scrivo da un computer che funziona...... blog all'ultimo tuffo con un laptop in prestito......
Sono diverse notti che mi sveglio e ho un languorino...... dopo averci pensato su una decina di minuti decido di scendere al piano di sotto, cercando di non svegliare nessuno, e mi cimento nel classico furto del barattolo di simil-nutella e di un cucchiaino...... risalgo su mi metto sotto le coperte e affondo nella morbida crema di cioccolato, o meglio, in quella crema a cui il cioccolato lo avranno fatto vedere in fotografia...... C'é un certo fisico godimento ad ogni cucchiaiata...... Ho il fondato dubbio che al prodotto in questione venga aggiunto un nonsoccosa in grado di provocare assefuazione, e che per questo la notte dopo, piú o meno alla stessa ora, le 2, mi sveglio ancora con questo insano bisogno...... ma non abbiate paura, miei cari lettori, sto cercando di smettere, con questo e molti altri vizi....... Il problema é che come citava Garfield, esimio felino filosofo, "So resistere a tutto, tranne alle tentazioni" ......
A parte ció oggi ho passato una buona mezz'ora ad ammirare i cannoni da neve che sparavano con violenza nubi di polvere bianca (e ci risiamo con le tentazioni/dipendenze). Ricordo quando ho cominciato a sciare, ai tempi dei pionieri, le notti passate ad osservare i segni del cielo sperando che le stelle apparissero solo poco prima dell'alba, e che la notte ci portasse una montagna piena di candida, morbida neve canterina (si chiama cosí la neve che scrocchia quando ci passeggi sopra)........ a volte succedeva, ed era come un miracolo addormentarsi la sera speranzosi e svegliarsi la mattina con i propri sogni avverati.......   Oggi no, una tecnologia barbara quanto basilare ci garantisce neve non appena la temperatura lo consente, e qui lo consente spesso tanto che hanno dovuto fare una legge per cui dal primo febbraio é proibito "sparare" neve per non danneggiare le riserve idriche.  Da dicembre alla fine di Gennaio i cannoni sparano senza sosta, cosicché é possibile sciare anche guardando il mare solitamente ghiacciato, la neve viene poi lavorata a macchina e quindi ogni mattina invernale abbiamo a disposizione un tappeto bianco perfettamente levigato, spesso duro. Ci hanno dato quello che desideravamo, neve, neve neve......... ma ci hanno tolto una parte del sogno......



venerdì 13 gennaio 2012

Christian, Amersfoort, Paesi Bassi

Poco fa pedalavo sulla Leusderweg qui ad Amersfoort e mi sono chiesto:

Perché gli olandesi tengono le selle delle biciclette così alte che sembra quasi di stare al circo?
C’è un collegamento tra l’altezza della sella e il fatto che le biciclette hanno i freni a pedale?
Sono nate prima le biciclette col freno a pedale o quelle col freno sul manubrio?
Perché i motorini sono ammessi sulle piste ciclabili?
Quando hanno messo per la prima volta i semafori sulle piste ciclabili?
Perché le biciclette nere col freno a pedale le chiamano “oma fietsen”, cioè “biciclette della nonna”? Il nonno (“opa”) andava sul motorino?
La nonna teneva la sella alta perché così era più alta del nonno sul motorino?
Il nonno e la nonna si sono conosciuti sulla pista ciclabile dopo aver avuto un incidente? Se ci fossero già stati i semafori sulle piste ciclabili a quell’epoca, il nonno e la nonna si sarebbero mai conosciuti?
Il nonno e la nonna di chi?

Sono saltato giù dalla bici, l’ho legata al primo palo e poi ho proseguito il mio giro a piedi.

giovedì 12 gennaio 2012

Silvia, Berlino, Germania

Il museo sulla Stasi è stato allestito dentro l'edificio che fu la sede di quel Ministero. Secondo piano. A sinistra l'ufficio del Ministro Erich Mielke. A destra i visitatori possono fermarsi per un caffè. C'è una cucina come quella dei miei vicini di casa, vera, con tutti i pensili. E poi sedie, qualche tavolino e una televisione. Forse piante da appartamento, ma non ricordo esattamente. Ci sediamo, siamo comode. La signora che sta in cucina fa partire un filmato sulla Stasi. Parlano storici, ricercatori, una esperta di prigioni. Noi intanto mangiamo anche la torta. Perchè in quella cucina, così, nel mezzo del museo, nella grande sala dove un tempo si svolgevano le riunioni, si stappano anche le bottiglie di Coca cola. Il filmato finisce. Avremmo tantissime domande. A chi farle? La signora della cucina armeggia col telecomando. Stavolta è un film. Non ci sono i sottotitoli ma capiamo cosa succede: un interrogatorio, un giovane e una donna preoccupata. Ci alziamo, andiamo verso la signora della cucina. Paghiamo il caffè. Le chiediamo discretamente se lei abbia vissuto nella DDR. Dice di sì. Ci racconta allora della scuola, dei giardini, del quartiere. Viveva proprio lì vicino. Non riusciamo a capire tutto, parla solo tedesco. Meno discretamente le chiediamo se lavorava lì. Vorremmo dire: lavorava? Che lavoro faceva? Ma lei capisce: lavorava qui dentro, dentro la sede della Stasi? Perciò risponde: no, no, no, no. Qui lavorava una sola donna, la segretaria di Mielke. Ah.
E il racconto di quegli anni, in un tedesco che correva via veloce, fu come il suo ricordo dei tempi della DDR: nè allegro nè triste. Senza lo spazio per indulgere alla nostalgia, nè all'ostalgie. Le cose erano cambiate, disse.

martedì 10 gennaio 2012

Gechi, Victoria, Canada


Victoria è una città di mare e, siccome sta proprio sulla punta meridionale della Vancouver Island (non c'entra con la città di Vancouver, che è sulla costa di fronte), è bagnata dal Pacifico su tre lati. Io sto a 5 minuti a piedi da una lunga spiaggia di ciottoli levigati e tronchi enormi, scaraventati là dalla furia delle onde. La linea della costa poi si alza per formare delle belle scogliere alla Hugo Pratt, dove i gabbiani giocano col vento.
Sulla riva trovi di tutto, dalle sculture verticali di sassi in bilico uno sopra l'altro ai disegni incisi sui tronchi, a certe conchiglie di cozze che dovevano essere delle bisteccone così. Il vento c'è quasi sempre e d'estate i panni appesi ad asciugare sanno di sole e salsedine.
Stranamente non c'è un mercato del pesce vero e proprio, come invece a Seattle, ma qualche peschereccio al porto che vende rombi, salmoni o frutti di mare. In quella parte del porto, oltre al solito Fish & Chips, sono attraccate dozzine di house-boats, case-barche dove vive gente tutto l'anno, con residenza fissa. Sono dotate di (quasi) tutti i comfort e decorate esternamente nei modi più vari, dallo stile mediterraneo alla casa della famiglia Addams.

lunedì 9 gennaio 2012

Vanessa, Geordie Land, Newcastle Upon Tyne, Inghilterra


Newcastle e' Geordie. Cosi' si chiamano coloro che vivono in citta' ma anche nella campagna circondante. Geordie e' anche il nome del dialetto locale. Un dialetto, anzi direi lingua che si distingue soprattutto per la sua fonetica, dall”Inglese tradizionale.
Quando arrivai in citta' per la prima volta, colui che divenne poi un amico caro, mi regalo' il dizionario inglese-geordie ed io sorrisi pensando fosse una buffonata. Ma avevo torto. Sono molti, gli inglesi, che non riescono a capire il geordie.
Il nome, come mi hanno raccontato, deriva dal nome della lampada che i minatori usavano al lavoro. La terra che circonda Newcastle e' storicamente la patria delle miniere inglesi, chiuse da Margareth Tachter negli anni '80 portando il livello di disoccupazione mai visti prima, un degrado che si trascina tutt'oggi.   La regione e' infatti considerata la piu' povera di tutto il paese e la meno popolata. Un popolo e una terra che hanno sopravvissuto di miniere e minatori per generazioni. Le foto storiche della citta' rappresentano cio': miniere e minatori, la maggior parte dei quali chiamati George, una altra spiegazione dell'origine del Geordie= da nome comune George usato nelle famiglie dei minatori.  
E ora cosa ne rimane di queste terre? Un architetto sta progettando un lavoro su delle colline abbandonate da quando le miniere sono state chiuse. Sta modellando il panorama a forma del corpo di una donna distesa. Chissa' chi attirerà!
Ed eccoti qui una caratteristica fondamentale di Newcastle detta anche Toon (da town=citta' e pronunciata tuun). Geordie e' chi ci nasce e geordie e' chi lo parla.



domenica 8 gennaio 2012

Michele, Aralsk, Kazakhstan

Primo post,


e sono gia' in ritardo,
tra 57 minuti (mentre scrivo) è mezzanotte e rischio di sforare.


Devo ammettere che non ho ben compreso tutti i dettagli di 7worlds7words,
ma il progetto mi piace e mi ci butto a capofitto :-)


L'invito ricevuto dal Lettore mi chiede di parlare di viaggi, fotografia, video e, perché no, di biciclette (anche perché io mi trovo qui dentro proprio per colpa e grazie alle bici).


Allora comincio con un tema che mi ronza in testa da svariati mesi: il Lago d'Aral, o Mare d'Aral, come lo chiamano in Asia Centrale.


Il Mare d'Aral è quasi scomparso, quello che era il quarto lago più grande del pianeta non esiste quasi più. Negli ultimi quaranta anni ha attraversato un processo di desertificazione inarrestabile che lo ha ridotto ad una frazione minima dell'estensione originaria.


La pagina di Wikipedia dedicata all'argomento racconta nel dettaglio la storia del disastro,
non mi dilungo oltre e vi racconto quello che, con Rachele, ho visto ad Aralsk, Kazakhstan,
nel mese di agosto 2011.


Vi lascio ad una breve selezione di foto accompagnate da una sintetica didascalia.




L'unico albergo ad Aralsk, sembra disegnato da David Lynch








Il Il centro di Aralsk





Lungo la strada per Zalanash, altra citta ex-portuale a circa 60Km da Aralsk






Zalanash, anche qui una volta c'era un porto. Ora è una citta' fantasma circondata  da relitti di navi arenate sul fondo dell'Aral orma desertificato






Quello che era il fondo dell'Aral è ormai un deserto tappezzato di conchiglie






Il museo di storia locale di Aralsk


Il museo di storia locale racconta nel dettaglio il disastro ambientale del Mare d'Aral





La carta nautica del Mare d'Aral, esposta al museo di storia locale di Aralsk






Una foto esposta nel museo di storia locale






L'Aral nella mano






La stazione ferroviaria di Aralsk, si riparte,
ci vediamo al prossimo post

sabato 7 gennaio 2012

Alessandro, Sundsvall, Svezia

  Ed eccomi qui, davanti ad un foglio bianco, un'altra volta a riassettare idee, con un computer a  mezzo servizio che non ne vuol sapere di scrivere la “emme” (che ho copiato ed incollo ogni volta), col cavo dell'elettricitá che si stacca ogni 10 battute...
Giá, fortuna averla, l'elettricitá... la notte di natale, dopo i festeggiamenti si é alzato il vento..... un vento forte ed annunciato che ha sradicato alberi e tetti, facendoli cadere sulla linea elettrica, qui in campagna “aerea”, e quindi buttandola giú... Poi tre giorni da pionieri, con luce di candele, senza internet, luce, frigorifero e lavatrice, senza tv telefono e cellulari... mentre la casa per fortuna lentamente si raffreddava (fino a 12 gradi dopo 3 giorni) il tempo passava tra lunghe chiacchierate, giochi, letture a luce di candela, abbracci e coccole... non vedevamo l'ora di riaverla, la luce, e quando dopo 3 giorni la sera alle 22,00 é tornata... ci siamo accorti che giá ci mancava il buio, quel buio “forzato” che ci aveva riscoperto, insieme, ancora una volta, padri e figli, fratelli e sorelle... come da tempo non accadeva. Grazie natale, alla fine é stato il regalo piú bello. Forse domani scenderó in cantina, in fondo il quadro elettrico...

venerdì 6 gennaio 2012

Christian, Amersfoort, Paesi Bassi


Carbid schieten/Sparare carbide. BOOM. Colpo secco, fortissimo. Il coperchio di acciaio punta dritto verso il cielo, vorrebbe volare lontano. E’ un attimo. Poi una corda legata a un pezzo di binario ferroviario blocca il volo e il coperchio trascinato verso il basso finisce nella terra inzuppata di pioggia gelida.
Un castello di legno, non finito, osserva silenzioso la scena. Al suo interno: due piani, una scala ripida, vuoti e pieni, molti sogni, vari tronchi ricurvi e ricordi malinconici. Davanti a sé guarda un contenitore di metallo pesante, di quelli dove un tempo i contadini mettevano il latte appena munto. E’ da lì che il colpo è partito, esce ancora del fumo.
Ce ne sono tre di contenitori del genere, uno accanto all’altro, con il sedere infossato nel fango e il corpo inclinato. Sembrano tre cannoni. Per un attimo penso allo sparo di mezzogiorno dal Gianicolo, a Roma, e mi rivedo piccolo sotto la statua del solito Garibaldi a cavallo. Ma tutto qui intorno è pianura, stufe di ghisa, camini fumanti di freddo e uomini alti e biondicci. E’ solo un pomeriggio surreale di un 31 dicembre qualunque, qui tra Amersfoort e Leusden. A ovest: Utrecht, Amsterdam, Rotterdam e Leida; a est: il bosco, le mucche e un ex campo di concentramento nazista.
Il ragazzo con il nome frisone riapre gli occhi semi-nascosti da un berretto arancione con sopra il nome di una marca di pessimi wurstel. I suoi movimenti sono decisi. Si avvicina al contenitore fumante, immerge un braccio fino al fondo, tira fuori una pietra ancora incendiata, la spegne stringendola tra le mani.
E’ carbide, – dice – un minerale. Nel contenitore incontra l’acqua e l’acqua e il carbide insieme producono un gas che, incendiato, fa partire il coperchio che vola verso il cielo. Sembra una canzone di Branduardi, ma è solo una reazione chimica. Ma l’Angelo della morte, dopo aver liquidato il macellaio-che-uccise-il-toro-che-bevve-l’acqua-che-spense-il-fuoco, si aggira ora da queste parti: il coperchio legato al binario è piombato nel fango e il carbide separato dall’acqua è un sasso inerte appoggiato pietosamente su una panca. Anche il vecchio anno, adesso, può morire.

giovedì 5 gennaio 2012

Silvia, Berlino, Germania.

Primi giorni del nuovo anno. Ottime notizie: c'è il sole e siamo sopravvissuti al capodanno di Kreuzberg. Dove si sparava di tutto dappertutto. Ci era stato consigliato di chiudere le finestre perchè non ci atterrassero in casa materiali incandescenti. E in strada, quando siamo uscite, piovevano gli oggetti consumati dall'anno passato: stoviglie, pezzi di stoffa, coriandoli e addirittura alberi di natale. Venivano lanciati dalle finestre. Probabilmente dai piani più alti. Perchè la maggior parte delle persone che conosco vive al quarto piano. Anche io vivo al quarto piano. E mi viene da pensare che nessuno viva al terzo o al secondo, da nessuna parte in questa grande città. Per la strada sembrava una specie di guerra, c'era anche la nebbia, e tutti correvamo a ripararci nelle stazioni della metro. Adoro la metro di Berlino. Posso anche essere in ritardo per un appuntamento, ma la metro aggiusta tutto, perchè arriva subito, le coincidenze sono perfette, e il ritardo scompare quasi sempre.
Ma si sparava anche nelle stazioni, sui binari, l'altra notte, e la metro andava più piano. Così siamo arrivate tardi al conto alla rovescia, ma non importava a nessuna di noi. Eravamo impegnate a fare le nostre classifiche sull'anno finito. Canzone dell'anno, momento dell'anno, frase dell'anno (e anche uomo dell'anno, per dirla tutta). Nel cielo nero sventolavano belle bandiere, c'erano fuochi d'artificio da ogni parte, e voci. 
Finita la festa, che ci aveva poi portate a Mitte, e poi a Neukölln, all'alba del nuovo giorno, la nebbia si era dissipata. Così siamo andate a visitare il Museo della Stasi, nel suo ultimo giorno di apertura prima del trasloco nei locali che furono la sede del Ministero per la Sicurezza di Stato. Ci abbiamo passato l'intera giornata, ed era tutta un'altra Berlino, in tutt'altro tempo.
Quello che ho sentito là lo racconto volentieri, ma tra una settimana, perchè il Lettore (quel lettore) inizia ad essere impaziente, e ha ragione, perchè il sole è già scomparso e, piano piano, qui a Kreuzberg, fa buio.  


lunedì 2 gennaio 2012

Gechi, Victoria, Canada

La mattina del primo dell'anno, fuori in giardino, c'era il solito cervo in cerca di cibo. Anzi, uno dei tanti, che durante l'anno mi vengono a mangiare l'insalata nell'orto. E non vivo mica nella foresta, ma in un quartiere centrale, tutto casette e giardini. Coi cervi che ti mangiano fiori e verdure. Perfino i passeri sbecchettano la bietola, questa poi non l'avevo mai vista. Poi ci sono le lumache, che mi hanno insegnato ad affogare con la birra. Metti un piattino di birra vicino alla lattuga, la sera, e l'indomani trovi un'ecatombe di lumache morte ubriache. L'eterna lotta del pioniere del West contro la natura indifferente. Per i cervi non faccio niente, noi abbiamo invaso il loro mondo e loro invadono il nostro. Uno a uno, palla al centro.
Siamo a Victoria, sulla West Coast, dove prospera la vite perché il clima è alquanto mite. Un discreto vinello bianco, per il rosso meglio andare sull'argentino, il cileno e ovviamente i vari italiani e francesi. Qua bevono birra, quella buona, fatta nelle cantine dei pub come si faceva a Praga, te la spillano direttamente da sotto il pavimento su cui l'hai appena ordinata.
E quindi brindo a Claudio che ha avuto questa bella idea e a tutti gli altri Stranieri.

domenica 1 gennaio 2012

Massimo, Battaglia Terme, Italia


Considerando la rotondità , l'ampiezza  ed il fatto che un tramonto a Battaglia Terme è un' alba da qualche altra parte, vi auguro di iniziare con un sorriso il nuovo anno ed il nuovo blog. Ciao. Massimo.