martedì 28 febbraio 2012

Athabasca, Alberta, Canada (Gechi)

Il Canada ha (o aveva) una buona reputazione nel mondo; niente guerre di invasione, missioni di pace, qualità della vita, tolleranza, democrazia, eccetera. Ma ci sono sempre scheletri negli armadi: il governo (decisamente di destra) ha deciso il ritiro unilaterale dal protocollo di Kyoto, anche perché non solo non abbiamo ridotto le emissioni di CO2 come promesso, ma sono aumentate del 25%. Poi ci sono le sabbie bituminose nell'Alberta. L’emissione di Co2 connessa alla lavorazione delle Tar Sands è quattro volte superiore a quella dell’estrazione petrolifera tradizionale. Per ogni barile di petrolio estratto sono necessari dai 3 ai 5 barili di acqua che risulta pesantemente inquinata e contaminata alla fine del processo. È talmente tossica che bisogna tener lontani gli uccelli con dei cannoni ad aria. Il paesaggio lasciato dall'estrazione è di devastazione apocalittica. Tutti i detriti e i residui dell’estrazione vengono riversati in enormi stagni le cui acque tossiche possono intaccare le falde e riversarsi nei fiumi. Secondo uno studio pubblicato su Pnas dal gruppo di ricerca di David Schindler, dell’Università canadese di Edmonton, per esempio, la concentrazione di composti policiclici aromatici – contaminanti organici con effetti cancerogeni e teratogeni – negli affluenti del fiume Athabasca aumenta mano a mano che ci si avvicina agli impianti di estrazione delle sabbie. Poiché le sabbie si trovano esattamente sotto le foreste boreali, andarle a prendere significa distruggere le foreste. Finora è stata rasa al suolo una superficie pari a quelle di Milano, Palermo e Firenze messe insieme. L'intera area delle sabbie è grande quanto l'Inghilterra.
La Commissione Europea non ha raggiunto la maggioranza per votare sulla classificazione inquinante delle sabbie bituminose, ma perlomeno ne stanno discutendo. In attesa di alternative valide, continuo ad andare in bici.

Il film "Petropolis" del regista canadese Peter Mettler
http://www.youtube.com/watch?v=vBpr76ztBwc

lunedì 27 febbraio 2012

Vanessa, Newcastle Upon Tyne, UK

Anno Bisestile o Bisesto. Come lo celebri?
Mi domando sempre come festeggino il compleanno coloro nati in questo giorno: il 28 di Febbraio o il 1 di Marzo? Nella tradizione popolare in cui sono cresciuta, quella della campagna toscana, si dice che nell'anno bisestile le donne siano piu' fertili e che i baccelli crescono nel senso opposto. So che da alcuni parti si chiama l'anno della balena, perche' questa partorisce ogni quattro anni e nel mese bisesto.
Nel Regno Unito le donne possono fare la proposta di matrimonio agli amati e si dice che sia un giorno perfetto per intraprese di successo. Molti attivisti scelgono questa giornata per organizzare azioni dirette coordinate a livello nazionale, spesso legate con i movimenti indipendenti verdi e anarchici.
Cosi' quest'anno si festeggera' con attivita' ecosostenibili all'aperto, laboratori per tutte le eta', da come costruire una casetta di legno per mettere i semi per gli uccellini, a come costruirsi il proprio bagno ecologico!
Buon Leap Day a tutti!!

sabato 25 febbraio 2012

Alessandro, Sundsvall, Svezia

Hay....... i conigli hanno bisogno di hay....... ovvero l'erba che i conigli mangiano.

Peró vivo in campagna, e tra una chiacchierata e l'altra mi viene suggerito di evitarne l'acquisto al supermercato, dove un sacchetto da 450gr. costa 47SeK, ovvero 104,40 corone (11,60€) al Kg..  bensí dal grossista che effettua anche vendita diretta...... il grossista? E dov'é il grossista? Guarda, vai di lá, giri du su e poi svolti di giú...... poi stai attento perché non si vede bene, entri nel cortile interno e sei arrivato.
Ok, vado dal grossista, come suggerito vado di lá giro di su e svolto di giú, poi aguzzo la vista, effettivamente non lo vedo, sbaglio strada, torno indietro, aguzzo ancora di piú..... forse é lá, ci provo, entro in un cortile interno..... eccomi arrivato.
Giro un pó all'interno del "negozio", c'é di tutto un pó per capre, conigli, maiali, mucche, ma soprattutto cavalli.... in un capannone ci sono anche le balle di erba per conigli ammonticchiate. Ognuna 15Kg. Il grossista si avvicina, sembra scocciato, sfavato si direbbe a Firenze, chiedo il prezzo di una balla: 200 corone. I conti son presto fatti, 13,10 corone al kg. (1,5€)! Azz! E' un decimo del prezzo del supermercato! Ne voglio subito una balla!
Un mese passa in fretta e due conigli mangiano, neanche troppo per la veritá. Ogni tanto vado nella legnaia e guardo la balla, o meglio, quello che giorno dopo giorno ne rimane. Ogni volta non posso fare a meno di sentirmi soddisfatto per l'ottimo acquisto. Ne parlo pure con i vicini e........ "Perché non vai a chiedere al contadino? Quello che la vende al grossista é proprio qui vicino, anzi, andando o tornando dalla cittá ti viene quasi di strada!
Ok, ho capito, e dove lo trovo sto' contadino?
Allora, tornando da Sundsvall invece di girare alla seconda giri alla prima e poi invece di girare alla prima giri alla seconda e poi...... lí c'é la casa del contadino!
Vabbé stavolta ho capito,   me la faccio anche al contrario! Quindi mentre VADO a Sundsvall invece di girare all'ultima giro a quella prima e trovo la casa del contadino...... si ma quale contadino? Qui sono tutte fattorie!
Parcheggio in un cortile davanti ad una stalla, dalla casa accanto esce un giovane sorridente, con le mani in tasca. "Cercavo dell'erba per conigli", "Noi non l'abbiamo, ma il fattore qui di fronte ne fa tanta, la vende anche al grossista, peró lo trovi solo la sera perché durante il giorno é sempre nei campi!" Ah, eccolo allora! Percorro 30  metri, scendo, cerco la porta, mica facile ce ne saranno 20! E suono. E suono. E suono. E suono. È nei campi.
Torneró stasera, poi domani sera, e domani l'altro....... finalmente mi apre un vecchietto in piena forma: "Chiedo scusa ma sa..... io di giorno lavoro nei campi. Lei vuole l'erba per i conigli vero? Andiamo nel granaio!" Eccoci. Quanto costa? 30 corone a balla! A balla? La solita balla da 15Kg.? E certo una balla é una balla! Ah ecco! Quindi mezza corona (0,06€) al chilo! Ne voglio 2! In macchina non me ne entrano di piú!
Ora, proiettiamo tutto ció su tutti i prodotti agro-alimentari che acquistiamo giornalmente, dalle mele ai pomodori, dalla lattuga alle zucchine...... quanto guadagna un contadino per il suo lavoro fatto per mesi, giorno per giorno, sporcandosi le mani e spezzandosi la schiena sotto il sole o la pioggia o la neve? E quanto i gestori dei successivi passaggi per qualche ora di lavoro?
Ho sempre adorato la terra..... ed ammirato i contadini.
 

giovedì 23 febbraio 2012

Maschere e pattini (Christian, Amersfoort, Paesi Bassi)

La barba era ricresciuta velocemente e gli abitanti marocchini del suo quartiere ricominciavano a salutarlo, complici anche gli occhi scuri. Nei primi trenta metri che percorse furono in tre a farlo. Un anziano signore dall’altra parte della strada addirittura si sbracciò e poi portò la mano destra verso il cuore. Sante Pedrotti rispose spingendo leggermente il pedale all’indietro, come per rallentare un po’. Poi prese la via di Randenbroek e quella dei campi silenziosi. Sulla lunga pista rossa incrociò solo un paio di anziane signore. Dall’MP3 lo accompagnavano Bjork, Brel, Baglioni e BobDylan. Terra scura, canali appena scongelati, sole anemico, alberi spogli e infreddoliti. Dopo cinque o sei chilometri Vivaldi attaccò la stagione sbagliata.
Era domenica pomeriggio, ma era troppo presto per assistere allo spettacolo dei calvinisti ortodossi che vanno a messa vestiti di nero, le donne con le gonne lunghe e i cappelli eleganti. Forse li avrebbe incrociati più tardi, sulla via del ritorno. Oggi cercava il suo amico Remco sul carro dei Barbapapà del Carnevale di Achterveld, una delle poche isole rimaste fedeli al Papa di Roma a nord dei fiumi Maas e Waal.
Entrò in paese e il silenzio lasciò il posto a una banda di majorettes e a gruppi di ragazzi vestiti da lupi e fantasmi. Lungo la via centrale – l’unica – iniziò la sfilata dei carri. Gli passarono davanti oche, pinguini, Zorba, Rambo, maiali e ballerine, ma nessun BarbaRemco. Si fece largo tra la folla. Sotto il nevischio mangiò un broodje shoarma preso all’immancabile bancarella turca. Il tavolino bianco di plastica era identico a quello su cui aveva bevuto un Glühwein una settimana prima, sul ghiaccio del lago di Loosdrecht, coi pattini ai piedi.
Alla fine della sfilata calpestò i coriandoli sull’asfalto camminando verso la bici. Si immerse nel ritmo delle pedalate. Niente musica, solo vento. Gli venne in mente l’articolo che aveva letto sul Volkskrant qualche giorno prima. Uno storico con i capelli arruffati diceva che il pattinaggio sul ghiaccio stava ai calvinisti come il Carnevale ai cattolici. In entrambi i casi: una temporanea rottura delle regole. Ipotesi affascinante – pensò. Poco prima dell’ingresso ad Amersfoort incrociò, come previsto, le donne con i cappelli eleganti e le gonne lunghe fino alle caviglie. Si chiese se dentro le borse nere nascondessero i pattini.

Matteo, Lisbona, Portogallo

Sozinho. Solo a girare cercando scotch, cavi per il router, cereali per la colazione, spago, aspirine, rucola, classici portoghesi in portoghese, detersivo in polvere, mutande, supporto per la fregona (geniale 'sto nome, a parer mio: sarebbe il mocio). Solo ad accarezzare alberi e, sovente, a parlarci, tanto che mi si prende per matto - all' Alfama, quartiere storico e mezzo arabo, c'è una quercia da sughero stupenda, centenaria e saggia, che avrà visto nascere Fernando Pessoa, ma forse pure Sant'Antonio. Solo a fotografare graffiti, annusare muri, ascoltare vecchi brontoloni, criticare prezzi, evitare barbosi mendicanti cyberpunk che mi prendono troppo in simpatia. Solo a segnarsi, sull'agenda, i negozi  del circondario, divisi in due categorie: quelli buoni e quelli cattivi, neanche arrivasse la maestra tra cinque minuti. Solo mentre mi scuso dell' eccessivo barulho coi vicini, mentre saluto il bangladese che vende telefonini, mentre mi inalbero perchè non funzia il computer. Solo raccolgo assurdi volantini per la strada - l'ultimo dice: Professor Banora, Grande Illustre Vidente Africano, Nao ha problema sem solucao. E' solo che, a star soli, c'hai voglia di sole, e allora solo, al parco, a suonare blues solitari: "And I felt so lonesome: I could not help, but cry". Solo forse perchè hai la febbre, e non si va al lavoro, e la casa è vuota, e si mangiano verdure bollite e si bevon ettolitri di chà preto (thè nero). Solo anche nei pensieri e nei gesti più piccoli, perchè è tutto in un'altra lingua, la traduzione mentale richiede un intervallo di tempo che talvolta temo conferisca un'aria troppo concentrata, o ebete, o sorpresa, o tuttettrè. Solo e annoiato in certi momenti brutti (ricordo una volta in discoteca che sembrava dovessi sorreggere la colonna con la schiena), solo in modo raggiante e pieno in certi altri, come tramonti, ratti di sguardi e code d'occhio col sale sopra, o semplici  e istantanee commozioni provocate, il più delle volte, da inezie. La mente è un muscolo: per allenarla ci vuole esercizio più o meno costante, perchè c'è il rischio di sedersi un po' troppo, ogni tanto, e cominciare a dare per scontato, a dimenticare quanta fatica è costato accettare questo o quel pensiero, a non problematizzare più niente. Stare solo, se non altro, mi allena il gulliver, anche se poi è inevitabile che ci si parla un po' addosso, vabbè. Sì, il pericolo è quasi scontato: smettere di condividere, di domandare, di arrabbiarsi, di incidere nel mondo. Eppure no, dai, c'ho pensato tanto e son sicuro che no. E' vero, parlo meno, ma il poco che resta, ora, si nota di più, come fosse evidenziato. E' più ragionato, diretto, efficace, come un pugno alla bocca dello stomaco; come se l'avessi scritto e dovessi solo leggerlo. Non dico che sia la ricetta giusta per tutti, panacea d'ogni male, strada obbligata per la saggezza: assolutamente. Non è una questione di fascino felino. Solo che è bello ascoltarsi, e che poi non ti serve dire a tutti: Ehi! Guardate! Mi son ascoltato! 
Che tanto tutti se ne accorgono da come punti gli occhi. E qualcuno, le frasi che dici, se le ripete ad occhi chiusi, prima di addormentarsi, come tu ne hai ripetute a tua volta, pensando a chi ti aveva colpito.

mercoledì 22 febbraio 2012

W Dulbecco! (Felice, US)

Renato Dulbecco è morto a La Jolla, California, pochi giorni fa. Non ho mai avuto il sogno della California, ma da quando sono qui mi è venuta voglia di vederla. Tutti i miei alimenti vengono da lì. Olio, frutta, verdure. A febbraio possiamo comprare le pesche: della California ovviamente. Un mio collega dice che il Campus Universitario dà direttamente sul lungomare. Oceano Indiano, intendo. Un altro mio caro amico mi ha raccontato che lì è sempre primavera. Perchè Dulbecco ha provato a lavorare in Italia ad un certo punto? Aveva già il Nobel. Raccontava che era rimasto deluso e amareggiato dall'esperienza. Ad un certo punto, senza che abbia mai capito il perchè, i finanziamenti del progetto genoma sono spariti. Posso provare a spegarglielo io, il perchè. Così mi tolgo lo sfizio di spiegare qualcosa ad un premio Nobel. Appena è arrivato in Italia era la star. Tutti volevano invitarlo a cena, a prendere il caffè, a mangiare un panino. I suoi diretti collaboratori brillavano di gioia, soprattuto quando potevano vantarsene con gli altri, i non collaboratori. Tutti volevano stargli vicino. Intanto il lavoro è iniziato. Ad un certo punto lui ha cominciato a premere per avere risultati. Deve aver anche chiesto, per pura curiosità a chi apparteneva quel nome che compariva su un articolo. Chiedeva? Non si fa. Gli esclusi dal giro hanno cominciato ad imbastire una tela di invidie, sabotaggi. Ognuno doveva sistemare i suoi, e con un premio nobel di mezzo non è possibile. Il progetto cominciava a soffrire di lungaggini burocratriche e soprattuto di boicottagi interni. I responsabili assenti, i carrieristi in guerra, i precari che fanno sciopero. Dulbecco voleva qualche risultato, dare una linea al progetto. Che persona superficiale. Non aveva capito che fare lo scienziato in Italia non è un mestiere, che non comporta professionalità e obblighi. Fare lo scienziato, potersi dire scienziati in Italia è uno status che non comporta quasi nessuna regola. Conta il potere più che la conoscenza. E adesso viene uno dall'America a far saltare il banco. Erano decenni che lo costruivano qual banco. Con bassezze, alleanze, sgarbi, faide, gelosie. E pur di fare in modo che il proprio vicino di stanza non prenda finanziamenti , si è disposti a non rinunciare anche ai propri se è il caso.  Ad un certo punto, senza che Dulbecco abbia capito il perchè, i finanziamenti sono spariti.
In fondo la California è un buon posto per vivere. E per morire.

martedì 21 febbraio 2012

Votare mangiando (Gechi, Nelson, Canada)

Sabato sono andato a una fiera del biologico/conferenza sul movimento local food. Ho comprato un sacco di semi bio per l'orticello, ora che ho scoperto che in questo clima si possono coltivare lattughe e cavoli anche d'inverno. Ho trovato un libro specifico, Coltivare biologico tutto l'anno nella West Coast. Al piacere di un'insalata a chilometro zero, spero di aggiungere anche quello di un minestrone. Distanza dall'orto alla cucina: metri 10. E siccome il grano o il riso non li posso coltivare io, sono andato in cerca di mercatini; li chiamano Farmers' market. In centro ce n'è uno dove ho conosciuto un panettiere italiano, Claudio, che fa pane biologico e dolcetti vari (Brut e bon, Ciottoli d'Abruzzo). E trovi le uova di gallina ruspante, verdure, miele e perfino carne sana. Ma con tutti i documentari che ho visto sull'alimentazione industriale mi è passata la voglia di mangiare carne. Tornando alla conferenza, ho ascoltato la presentazione su un esperimento riuscitissimo: la Kootenay Coop, una cooperativa indipendente in un bel paesello di 9000 abitanti nell'entroterra, Nelson (dove è nata mia figlia Sofia, tra l'altro). Questa coop, cominciata come piccola avventura hippy negli anni settanta, è diventata un simbolo di modello imprenditoriale alternativo. Gestita da un consiglio votato da tutti i membri, si rifornisce e vende prodotti provenienti al 95% dal circondario (un raggio di 200 km). A Nelson fanno il tofu, la birra, proprio in paese, e attorno ci sono fattorie biologiche e un forte movimento di permacultura (ma questa è un'altra storia: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=7vMukVOG50o#! ). Fatto eccezionale è il recente annuncio che la cooperativa è cresciuta tantissimo e si trasferirà in un edificio più capiente fino ad ora occupato da un supermarket di una catena nazionale. Il movimento local che sbatte fuori un supermarket, sto sognando. E non si tratta solo di vendere prodotti, fanno parte di un'organizzazione che sta cercando di coordinare i vari protagonisti del ciclo alimentare regionale, per rafforzare un sistema che vuole ridurre gli intermediari e sostituire la globalizzazione con un sistema localistico, autogestito e in cui la maggior parte degli introiti restino nella comunità, riducendo l'inquinamento, lo sfruttamento, l'alienazione dalle origini del cibo che mangiamo. Immaginate una federazione di simili comunità (it's easy if you try). Nella presentazione hanno mostrato le foto di quando sono andati, con le barche a vela, all'altro capo del lago di Nelson a caricare i sacchi di grano, da macinare al mulino in paese.
Concludo citando due dei loro ispiratori, Wendell Berry ("Mangiare è un atto agricolo") e Carlo Petrini ("Un gastronomo che non sia ambientalista è stupido, ma un ambientalista che non sia gastronomo è molto triste").

domenica 19 febbraio 2012

Silvia, senza luogo (qua)


Te ne sei venuta via una notte uguale a tante altre, una notte che Berlino non si ricorderà di ricordare. Hai preso la valigia, una metro, l'aereo, e sei tornata qua, al sole di questo parcheggio di questo fine settimana.
Alzi gli occhi. Non c'è il Sony Center. C'è invece una torre di acciaio e ci sono le insegne dei negozi che affollano il centro commerciale dove lavori. E non passeggi più nel Tiergarten. Davanti a te auto, famiglie, carrelli della spesa.
Ti fermi al sole di febbraio. La notte poi inizierà a piovere, ma ancora non lo sai.
La pausa pranzo dura il tempo di osservare chi entra, chi esce, chi fuma, chi si abbraccia, chi corre, i bambini, i cani che purtroppo non possono entrare, i gelati di chi sente già la primavera. Poi è l'ora di tornare a lavoro, in negozio. Hai lasciato Berlino per questo?
Mentre lavori perdi il conto delle ore. Chissà se fuori è ancora giorno, se fa freddo, se c'è il sole.
Poi il cuore ti si ferma, di colpo, senza avviso: attraverso una vetrina ti guarda il volto che più ami su questo pianeta enorme. Sorride, sorridi. Le centinaia di chilometri adesso sono solo metri. Ecco perchè sei tornata.

sabato 18 febbraio 2012

Alessandro, Sundsvall, Svezia

Driiin, driiin! Ah giá, il blog!
Stasera non ne ho proprio voglia. Ho fatto quattro ore di lezione, mi sono fatto male alla gamba destra (il  mignolo del piede sinistro invece me lo sono rotto lunedí scorso cadendo dalle scale di casa), ho subito 4 ore di piagnisdei senza soluzione di continuitá, domani ho ancora una lezione di 2 ore alla mattina e poi devo guidare per 7 ore, cosa che volevo evitare, e lunedí si ricomincia da capo......
Ah giá il blog! E di che scrivo stasera? 
Forse di un uomo che nel nord della Svezia é sopravvissuto 2 mesi all'interno della sua macchina sepolta dalla neve mangiando solo quella prima che un passante curioso lo trovasse ed avvertisse i soccorsi.......... (ma sará vero? La notizia per ora l'ho vista solo sui notiziari italiani....... mah!)
Oppure dei nuovi faraoni, quelli che come al loro tempo fecero Cheope, Chefren e Micerino costruendo le piramidi, vogliono costruire a Sundsvall un ponte sulla baia "per evitare l'attraversamento autostradale interno alla cittá", dicono, mentre francamente il loro scopo mi sembra piú quello di farsi ricordare dai posteri, come se a qualcuno nel mondo fregasse del ponte sulla baia di Sundsvall....... Un ponte che da sud attraverserá la baia verso nord, servendo quindi i due estremi della cittá a est, che poi per essere adeguadamente servita dalla stessa struttura avrá bisogno di una "bretella" che girandole intorno in senso antiorario per 270* in modo da potersi congiungere all'autostrada E14 che punta da Sundsvall ad ovest....... ignorando coscientemente il fatto che girare intorno alla cittá direttamente in senso orario avrebbe servito la stessa, salvato la baia dallo scempio e fatto risparmiare una tale quantitá di soldi da poter ristrutturare le scuole, pagare gli insegnanti, le infermiere, investire nel tessuto cittadino interno, nel turismo ecc.ecc.ecc. e chi piú ne ha ne metta.........
Mah! Forse stasera é  meglio che non scriva proprio niente........ meglio che mi metta a letto, provi a chiudere gli occhietti, a dormire....... a prepararmi, almeno un pó, per domani.

Buonanotte.

venerdì 17 febbraio 2012

Christian, Amersfoort, Paesi Bassi

Alzò la testa dal computer e osservò per la prima volta con calma quella camera 3x4 con la moquette azzurra dove passava le ore migliori delle sue giornate. C’erano rose ovunque: sulla carta da parati, sulle scatole appoggiate ai ripiani della libreria, nei quadretti tondi, ovali e rettangolari appesi ai muri. Da un vaso rosa col collo stretto e lungo ne sbucava una rossa di stoffa e rose gialle erano anche sui cappellini delle abat-jour accanto a lui.
L’avevano chiamata “la stanza delle rose” sin da quando faceva da stanza da letto. Quando il letto era migrato nella camera accanto, le rose erano rimaste e centinaia di altri oggetti avevano popolato quella stanza fredda all’angolo del lungo palazzo. Con un lento sguardo a trecentosessanta gradi abbracciò due vassoi d’argento a forma di foglia, guanti di lana e luci da bicicletta, una radio, un telefono, dieci scatole piene di stoffe di ogni colore, tre manichini, una quarantina di libri di storia accastellati su tre colonne disuguali, otto candele consumate, una boccetta di thuya occidentalis e un paio di scarponi. Non era che un centesimo di quello che lo circondava.
Smise di ruotare su se stesso. Sentì uno sguardo leggero posarsi sulle sue spalle. Sull’armadio bianco, la foto della piccola Roos era appoggiata a uno specchio tra l’asse da stiro, la scala e una borsa verde militare. Gli occhi espressivi si facevano largo tra volti di polistirolo, stampelle e cartamodelli di borse. Sorridevano.

giovedì 16 febbraio 2012

Quem nao da nada, nao recebe nada (Matteo, Lisbona, Portogallo)

Ogni città importante del Portogallo ha il suo Rossio (si pronuncia con una R quasi francese), che sarebbe la piazza principale, il centro nevralgico, o perlomeno qualcosa di simile ad un punto di incontro con sufficienti secoli alle spalle, abbastanza da essere considerato storico. Un po' come le plurime Piazze delle Erbe che stanno nelle varie città del Veneto, per capirsi. Almeno così mi hanno detto uno dei primi giorni che son arrivato: ce ne dovrebbe essere uno, di Rossio, anche a Porto, a Guimaraes, a Braga. Io, il mio Rossio, me lo attraverso tutte le mattine da lato a lato, lungo la strada per andare al lavoro. C'è la stazione della Metro, quella del treno, c'è lojas (negozi ), c'è musicisti, c'è uomini col baffo, c'è i punk sopra la panca che càmpano (talvolta crepano), c'è i gitanos (detti anche gypsies), c'è gente che passano. L'altra settimana, passando io -per l'appunto- di quelle bande, m'ha intercettato un rastamano muito magro con una chiara e lampante intenzione, ch'io in realtà già avevo intuito di lontano, forse per l'andatura claudicante e supplichevole: voleva del tostao, moneta sonante. Dopo i primi tentativi di abbordarmi, abbastanza scontati e financo acerbi nello stile, il ragazzo se ne viene fuori con la frase del titolo. Lì, sul momento, la cosa mi ha colpito, abbastanza almeno da farmi scucire un euro dal taschino, e considera che con un euro, qui, ti ci bevi due caffè al bar. Neanche dieci metri di tempo dopo, utili magari per considerare la situazione, i perchè, i però, che mi ferma un commerciante borbottante: "Perchè gli hai dato i soldi?! Ele tem uma empresa, todos os dias està aqui perguntando para dinheiro!". E così son stato praticamente spinto a pentirmi, in un tanto breve larco di tempo, della mia generosità. L'unica via di fuga semantica, in questo caso, è la saggezza pseudorientale: prenderla con filosofia (che brutto modo di dire!) e pensare che il mondo è una enorme e meravigliosa conca: tu dai, che poi qualcosa torna.

Che poi uno sia troppo influenzabile, o magari solo facile da convincere eppoi si vuole giustificare, oppure troppo sensibile, è un altro par di maniche.

mercoledì 15 febbraio 2012

W l'Italia (Felice, US)

Stamattina Zhan, il mio collega cinese, è arrivato al lavoro con una maglia della nazionale di calcio italiana. Non quella ufficiale però: questa aveva stampata la penisola sul dietro. Mi ha salutato con un sorriso d'intesa. Qualche settimana fa, per celebrare la Giornata della Memoria, la comunità ebrea di Boston ha organizzato una giornata dedicata a Giorgio Bassani. Il programma prevedeva anche la proiezione del film "Il giardino dei FInzi-Contini" di De Sica. Il cineclub nel centro di Cambridge ha messo in locandina tutta la produzione di Fellini. Cerco di coltivare nei limiti del possibile la mia cinefilia. E così non mi sono lasciata scappare l'occasione del festival del cinema palestinese. Il festival è stato aperto da "Il tempo che ci rimane" alla presenza dell'autore, Suleiman. Dopo la proiezione, Suleiman, incalzato da una domanda, ha rivelato che le influenze o le citazioni presenti nel film hanno origini diverse. Altri film, musica, libri soprattutto. E' difficile anche per lui stesso  dire chi e cosa lo hanno ispirato durante la lavorazione. Ma comunque ha fatto un solo nome: Primo Levi. Una mia amica è fanatica di Sergio Leone. Ha insistito tanto che alla fine ci siamo andati a vedere "C'era una volta il West". Sala piena. Io ci sono andato per Claudia Cardinale in verità. Mi è comunque dispiaciuto non essere potuto andare alla presentazione dell'ultimo libro di Umberto Eco, alla presenza dell'autore. Ma era in contemporanea con il film. Ho l'impressione che l'oceano faccia un pò da filtro alle nostre miserie. Difficilmente arrivano. C'è un qualcosa di più importante, più profondo e duraturo forse che è riuscito a superarlo l'oceano. C'è ancora chi si nutre della nostra lingua, della nostra cultura. E alla fine ne usciamo a testa alta. Però non può non sfuggirmi un particolare, terribile nella sua evidenza: tutto ciò di cui ho parlato sopra fa parte del passato. Quegli autori sono morti tutti. Ma zitti...non lo dirò a nessuno. Batti cinque Zhan!

lunedì 13 febbraio 2012

Vanessa, Newcastle upon Tyne, UK

Saranno dieci anni che non guardo la televisione. Qui a casa non ce l'abbiamo per scelta. La vicina di casa  ci ha minacciato piu' volte di comprarcela cosi' nostra figlia "puo' imparare a parlare". Per fortuna la schiettezza non mi manca e la televisione resta per chi se la vuol gustare. Mi piace avere la radio accesa quando sono a casa e si e' vero ho spesso internet acceso quasi tutto il giorno, ma la televisione mi terrorizza. Mi terrorizza la pubblicita' e l'effetto ipnotizzante che si riceve guardandola. (o almeno questo succede a me!). 
Il non avere la televisione mi ha sempre escluso da conversazioni intrattenute a scuola o a lavoro. Tante volte il gruppo con cui lavoravo chiaccherava di quel programma o di quel personaggio televisivo e io mi sentivo persa nel deserto e vedevo che gli altri si meravigliavano del fatto che non conoscessi l'argomento. Qui in Inghilterra pensavano che forse non capissi l'argomento a livello di lingua. Il mio inglese era gia' buono. Era il contenuto, completamente sconosciuto al mio cervellino. 
Molti mi chiedono, ora che sono una mamma, se continuero' a negare la televisione a mia figlia. Io sorrido e rispondo che non sto negando niente a mia figlia, ma darle la scelta di guardare la tv quando e' piu' grande e capace di comprendere cio' che guarda. Ogni tanto ci guardiamo i cartoni animati su internet o su un DVD. Penso che a lei basti. A 14 mesi non mi sembra che mi chieda di accendere la TV. Invece vuole leggere quel libro e abbracciare quel pupazzo e camminare in su e in giu' per le scale e scarabocchiare con i gessi e scaraventare i pezzi di lego dappertutto. 
Sono proprio contenta di non avere la televisone. Mi sto risparmiando tutta la merce che ti vogliono vendere per farti stare meglio. Domani alcuni celebrano San Valentino e ci si deve affrettare a comprare qualsiasi cosa per *l* propri* amat* perche' in qualche maniera ci fara' sentire meglio. Ci rendera' felici. La televisione vuole renderci felici. Ma io non ci credo. La psicologia della felicita' e' una macchina in movimento e va veloce, piu' veloce dei nostri desideri. E' come se avessero il risultato del nostro bisogno prima che ne sentiamo la necessita'. Se mi compro quella macchina rossa fuoco di sicuro mi rende felice e fara' invidia ai miei vicini, e quella crema per il viso rendera' la mia pelle super profumata e di sicuro se ho una taglia 40, capelli da invidia, un trucco immacolato, senza peli sulle gambe o nel resto del corpo e se bevo champagne sulla spiaggia con un uomo super sexy allora si che sono felice. Se sono ricca e non devo badare ai soldi sono felice.
Io scelgo di non averla la televisone in casa perche' mi sento felice a vivere e socializzare con chi mi sta intorno in maniera diversa. Magari facendo qualche cappello storto alla maglia, scrivendo una lettera ad una amica, leggendo articoli sulla rete e vedere che succede in Italia, imparare Tai Chi dal mio compagno, disegnare la lezione di Italiano per il mio corso di Insegnante. 
E per chi lo festeggia un buon SanValentino a tutti.

domenica 12 febbraio 2012

Michele, Milano, Italia

Oggi condivido la mia collezione di foto di bici abbandonate.



Prima di rendere pubblico un post su 7Worlds mi piace sempre verificarlo in anteprima con chi mi sta vicino. In questo caso Rachele mi fa notare che, forse, il tema delle bici abbandonate possa non essere cosi' appetibile per i lettori.

"Tu sei malato per le bici" mi dice "e anche Plato lo è, ma magari agli altri non frega nulla"

Ma perché allora proprio le bici abbandonate?

Ognuna di quelle bici racconta delle storie uniche, si va da quelle azzoppate a causa di una ruota piegata, a quelle a cui sono stati rubati componenti vitali (una o due ruote, o magari il telaio), quelle spaccate (o piegate) in due, quelle che sono andate a fuoco o quelle piene di cacche di piccione fino a quelle irriconoscibili e ridotte ai minimi termini. Insomma ognuna di quelle bici ne ha da raccontare :)

La collezione è ferma al 2009, altre foto attendono di essere pubblicate e forse con la scusa di 7Worlds trovero' il tempo di aggiornarla. Stay tuned.

p.s.
tutte le foto sono disponibili qui.

sabato 11 febbraio 2012

Alessandro, Sundsvall, Svezia

Sono stanco, quel che si suol dire "stanco morto", da tre settimane il lavoro, o meglio i lavori, mi prende/ono, mi possiede/ono per 13 ore al giorno quasi tutti i giorni......
Ieri abbiamo finito il primo corso..... 77 bambini hanno avuto la loro festa, i loro giochi, i loro premi e diplomi, e tutti, anche i piú vergognosi, i piú timidi, i piú imbarazzati, erano lí, sorridenti, felici. Tutti intorno a noi, i "maestri". Che parolona, assolutamente inadatta al caso, pomposa, presuntuosa, amara, velenosa.
I diplomi sono stati consegnati ad uno ad uno, scandendo i nomi in un microfono che li gettava lontano, facendoli perdere nella baia, nella notte.....  nomi che inattesi entravano nelle case vicine ad inter-rompere (deo gratias) l'audio delle televisioni accese.
I bambini, spesso molto imbarazzati, si avvicinivano al proprio méntore (sic!) avanzando in mezzo ad un pubblico composto da genitori, parenti, amici, e ritiravano quasi furtivamente, come i topolini fanno col formaggio nei cartoni animati per evitare lo scatto della trappola, il loro "pezzo di carta".....
 A me é toccato il premio piú grande, consegnando i     diplomi agli allievi delle mie due classi mi son sentito quasi sempre abbracciare (all'altezza della vita), ed una serie di piccole voci che nascevano da sotto luminosissime stelle sussurravano: "Tack Alessandro!!", ...... nessuno di loro ha sbagliato la pronuncia del mio nome......


venerdì 10 febbraio 2012

Christian, Amersfoort, Paesi Bassi

Ha senso scrivere progetti di ricerca a ripetizione, sapendo che la possibilità che si trasformino in ricerche reali è pari all’1,7%?
Ha senso scrivere articoli e libri per “fare curriculum” e poter fare progetti e concorsi che non si trasformeranno in ricerche e quindi in lavoro?
Ha senso iscriversi a un corso di orientamento che prelude a un master in didattica della storia, sapendo che la storia nelle scuole conta sempre meno, che già adesso ci sono “troppi insegnanti di storia” e che i tagli del governo ridurranno ancor più i posti?
Ha senso che tutto questo abbia senso solo perché, nel processo stesso di scrivere progetti, articoli e libri e nel frequentare un corso senza effettive prospettive di lavoro, si imparano comunque moltissime cose, si fanno esperienze decisive e si incontrano comunque moltissime persone?

Ha scritto André Gorz che esistono due tipi di “lavoro”: il “lavoro in senso antropologico”, che collega l’attività umana ai bisogni umani, e il “lavoro-merce”, che collega l’attività umana ai bisogni del mercato capitalistico, rendendo schiavi gli individui e la società. Questa scissione è drammatica in sé e ancor più profonda diventa in tempi di crisi, dal momento che la crisi è prodotta appunto per poter mercificare ulteriormente il lavoro.

Sono considerazioni che faccio guardando alla mia situazione qui in Olanda, ma credo si possano fare anche osservando la realtà in tanti altri posti del mondo. Che qui fuori ci siano cinque gradi sotto zero alle due di pomeriggio rende solo più forte la necessità di muovere rapidamente le dita sulla tastiera.

giovedì 9 febbraio 2012

10 pensieri da niente (Matteo, Lisbona, Portogallo)

Stanco e anche un po' di cattivo umore dopo una giornata particolarmente lunga e fatichevole, m'appresto a fare il mio compitino settimanale qui su 7mondi; che uno ci può anche provare, ma ci son dei giorni che proprio non ti riesce di concentrare le energie su un'idea soltanto, in modo da darle una forma ed esprimerla in maniera accettabile per il prossimo. Così, invece di accanirmi e finire fuori tempo massimo, ho deciso di gettare nel mare della rete dieci ideuzze embrionali, destinandole probabilmente alla morte o all'oblio. Dieci pensieri da niente, dieci tra le  molte centinaia che, ogni giorno, non solo non ci passano neanche per "anticamera del cervello" (saggezza popolare), ma manco suonano il campanello (del cervello). Vabbè.
1- Le liste delle cose da fare: è un'abitudine che ho già da qualche anno quella di annotarmi le cose da fare su foglietti volanti e successivamente introvabili, ma negli ultimi giorni, di queste liste, ne ho compilate veramente tante. Qualcuno di voi fa lo stesso? Se sì, le personalizzate con disegni, scarabocchi, macchie di caffè? Le confrontate tra di loro? Le depennate nervosamente? Le buttate via o le conservate? E via discorrendo;
2- Occhiali da sole: connessa con la numero 1. E' da un mese che annoto "comprare occhiali da sole" su ogni lista, e non lo faccio mai; eppure mi servirebbero, il sole qui c'è eccome e la mattina ferisce gli occhi;
3- Maratona: oggi ho cominciato, coi ragazzi del posto dove lavoro, ad allenarmi per la maratona che si correrà in estate. Sono stato orgoglioso di non stramazzare al suolo, anche se il mio tempo era decisamente inferiore al loro. Cioè, nel senso che c'ho messo di più. Da oggi, due volte alla settimana. Migliorerò;
4- Il ruolo di Internet: ora l'Italia (anche il resto del mondo, per la verità) la vedo da uno schermo. Skype, Libero, 7worlds, Youtube, LaRepubblica, LaGazzetta. Ho visto oggi un'amica italiana su skipe, lei abita a Berlino, l'ho sentita più vicina che mai. Per me è una cosa nuova. Alzi la mano chi mi capisce;
5- Inverno: connessa con la precedente. A Berlino fanno meno 15 gradi e nevica. Oggi ho letto sul giornale che anche qui, da domani, arriva il freddo; si parla di minime attorno ai 6 gradi e massime a 14. C'è un po' di vento;
6- Un cinghiale mi ha bucato una scarpa con le zanne: bèh, ma non era proprio un cinghiale selvatico, era domestico, ciccione e grufolava amichevole però, a raccontarlo, fa impressione;
7- Grotowski: ho fatto un figurone con una ragazza polacca dagli occhi di ghiaccio che, scherzando un po' altezzosamente, mi ha detto che so poco della vita, perchè lei ha tre anni più di me. Poi si stava parlando di personalità polacche ed io, davanti a tutti, le ho citato Jerzy Grotowski. Lei ci aveva fatto la tesi sopra e ammirata mi ha detto: "Oh, you know Grotowski?!?", ed io, "Yes, I know him, babe", sorprendendola alquanto. Sono quasi sicuro di non essermi immaginato tutto.
8- La spesa: qui, al supermercato, spendo sempre una cifra variabile tra i diciassette e i diciannove euri. Sempre.
9- Bacalhau: nell'ultima settimana ho mangiato bacalhau (baccalà, è veramente una specialità e si cucina in cento modi diversi) per lo meno una volta al giorno. Stamattina ho addentato un biscotto e sapeva di pesce;
10- Giochi creativi ed espressività: musiche, gioco del mimo, esercizi per rafforzare i gruppi in formazione, schitarrate casuali e scordate, il "film della tua vita", scambio di foto; ma la cosa più bella, finora, è l'internazionalismo linguistico tra popoli  pseudolatini e/o sudeuropei: italiano, francese, spagnolo, portoghese, rumeno, macedone, greco, serbo fanno una gran bella insalata, lasciando da parte la coniugazione dei verbi.

Mi piacerebbe se qualcuno volesse allungare la lista. Atè logo.

mercoledì 8 febbraio 2012

Viaggio nel tempo (Felice, US)

Sono appena tornato dalla mia seconda lezione di lingua. Questa è la ragione del mio ritardo nell'aggiornare il blog. Si, lo so: mi salvo solo grazie al fuso orario. Ma avevo i compiti da fare. Il corso viene fatto la sera, quindi i compiti li ho fatti il pomeriggio. E' incredibile come certe dinamiche, certi comportamenti che credevo fossero tipici dei bambini o al massimo degli scolari, si ripresentano invece anche quando si è ormai adulti fatti, con tutti i denti del giudizio già al loro posto. Ho fatto i compiti all'ultimo momento perchè non avevo voglia di farli prima. Ma avevo paura di essere interrogato di fronte agli altri e non essere preparato: che figura sarebbe stata! Non è la prima volta che emigro eppure è la prima volta che ci penso: emigrare, ricominciare in un paese straniero è un pò come ritornare ad essere bambini. Imparare nuove cose. Essere incerti sulle cose appena apprese. Scoprire strade, scorciatoie. Che cos'è la maturità? Poter dire di essere ormai stabili in un posto? Conoscere tutto di quel posto? Non ne sono sicuro.  Inoltre arrivare in un luogo definitivamente riguarda più il caso che la maturità. E quindi sono contento di condividere questo stato infantile con tutti quelli che sono già emigrati prima durante e dopo di me. Non importa dove sono, dove siamo: abbiamo tutte le nostre carte ancora da giocare. La nostra maturità è proprio la coscienza di questa possibilità.

martedì 7 febbraio 2012

Gechi, Victoria, Canada

Sul tragitto da casa alla spiaggia, si passa accanto a un cimitero. I cimiteri sono molto diversi da quelli italiani, che sono tutti pietra sassi cemento e cipressi, avvolti da un'atmosfera molto formale. Qui sono praticamente dei parchi, pieni di verde, di piante e alberi diversi, dove vedi gente che passeggia, va in bici, va  e viene. Sembra normalissimo vederlo in mezzo al quartiere, circondato dalle case, di fronte a un supermercato. In Italia si avvertono ancora i segni di una frequentazione fedele e ritualizzata; i fiori sono sempre freschi, le lapidi ben tenute, anche gli uccellini si comportano rispettosamente. Qui hanno un fascino romantico e trasandato, con i segni del tempo ben visibili e certe tombe mezze affossate, le statue diroccate. Non molti fiori portati lì, ma in compenso tantissimi fiori selvatici dappertutto, molto belli. Ci sono tante iscrizioni giapponesi e cinesi, e nomi di famiglie da tutto il mondo. C'è anche una famiglia Bossi…
Questo cimitero in particolare è molto piccolo ma, come tutti gli altri, è attraversato da strade asfaltate. In uno a Toronto, la gente ci guida l'auto per andare a trovare i propri cari estinti. Il drive-in funebre, insomma.
Invece questo è pura poesia, solo una strada lo separa dall'oceano. Ti siedi sotto a un albero e guardi le onde, ascolti i suoni e forse capisci che la morte è una cosa normale, l'altra faccia della vita.



lunedì 6 febbraio 2012

Vanessa, Newcastle upon Tyne UK

Oggi si celebra il 60' anno di scesa al trono della Regina Elisabetta II. 
Per la prima volta mi metto a sbirciare le fotografie storiche degli archivi della BBC pubblicati sul sito giusto per la causa. http://www.bbc.co.uk/news/uk-16575988   
Essere lontani da Londra, vivere nel nord est dell'isola, significa avere un rapporto e un approccio diverso alla monarchia. Qui, oggi non si celebra un bel niente e anzi la gente mormora e si lamenta di dover pagare piu' tasse per pagare un nuovo yatch reale. Sono nella biblioteca centrale a frugare tra i libri al seminterrato. La mia curiosita' e' pero' volta verso il centro della grande stanza, grandi tavoli rotondi e sedie comode dove poter godersi un bel libro e sfogliare le pagine del giornale. Un tossicchiare e ancora borbottio. E' il solito gruppetto di uomini che vedo da tanti anni aggirarsi per i corridoi della biblioteca. Adorano il pian terreno e il seminterrato perche' c'e' tanto spazio per camminare, pochi computer con studenti e nessun bambino a giro. Si portano le pantofole dietro e le indossano ogni volta che vengono qui. Le loro scarpe sono al riposo sotto il tavolo. Il tipo alto dalle soppracciglia folte e arricciate e' il piu' in movimento. Si alza in continuazione per prendere un altro giornale e continua a borbottare. Non riesco a non sorridere. Il giornale e' sotto sopra e lui lo legge lo stesso. Ma come fara'? Non e' la prima volta che lo noto fare cio'. Il compagno vicino a lui ha una lente di ingrandimento. Passano una gran parte della mattinata qui dentro e mi rallegro pensando che almeno non se ne stanno in casa ad annoiarsi come tanti altri. Li vedo andare alla caffetteria al piano di sopra per bersi una tazza di tea e mangiarsi un panino con con la pancetta e uova. Molto popolare e abbastanza economico. Te la puoi cavare con meno di 3 pound per il pranzo poi tornano giu' a leggere il giornale e, a loro volta, a trascicare le pantofole tra i corridoi degli scaffali. Mi ricordano tanto una mostra fotografica locale che ho visto qualche mese fa.  http://www.amber-online.com/exhibitions/scotswood-road/exhibits/three-scotswood-road-women-july-1957 

domenica 5 febbraio 2012

Massimo, Battaglia Terme, Italia

Un mondo palude. Battaglia Terme ha la terra quasi nera, torbosa. Un arco di colli la circonda e nel mezzo è percorsa da un canale (ufficialmente inquinato) costruito nel 1200. Oggi, confina a Nord con una manifestazione(sono a rischio 5.000 posti di lavoro sul settore del fotovoltaico), confina a Est con i Serenissimi ed il passato remoto, confina a Ovest con l'Occidente ed il passato prossimo, confina a Sud con 52.000 tonnellate di rifiuti tossici. Viviamo al di sopra delle nostre possibilità, ogni veneto dovrebbe avere a disposizione 7,7 ettari di natura ma la stiamo consumando tutta e ne abbiamo solo poco più di 1 a testa.
Fatti i conti? Avevo proprio bisogno di altri 7 mondi .
Vi lascio con un piccolo disegno sulla stagnazione economica.


sabato 4 febbraio 2012

Alessandro, Sundsvall, Svezia

Apro il blog e leggo avidamente quanto hanno scritto gli altri scrittori. Faccio il giro del mondo da uno schermo, cosa che oggi non sorprende piú nessuno, tranne  me, ovviamente. Leggo uno splendido fumetto da Piano Battaglia, e notizie e riflessioni da Canada, Germania, USA, Olanda...... Questo é il mio tempo, il mio momento settimanale...... me lo godo e sogno...... di volare dall'uno e dall'altro in un girotondo allegro, come da bambini. Poi mi soffermo su un titolo, é particolare, non riporta né l'autore (che peraltro immagino) né il luogo di provenienza...... mi incuriosisce, forse centrando appieno il suo scopo. 
Ne leggo le prime righe, gli autori americani, Hemingway...... un mondo nella memoria che prende vita...... immagini di pagine che scorrono, un pezzo da qui, una frase da lá...... citazioni mnemoniche arruffate alla rinfusa...... sono entrato nell'antro e non ne posso, né tantomeno voglio, uscire, voglio suggerlo e godermelo fino in fondo quindi.... "altro>>"...... bzzzz..... "pagina non trovata"...... saranno passati troppi anni?

venerdì 3 febbraio 2012

Christian, Amersfoort, Paesi Bassi

Mentre il chihuahua tremava come una foglia centottanta centimetri sotto la permanente della sua padrona, il semaforo davanti a loro si ostinava sul rosso, la neve si poggiava sui canali ghiacciati e tre ragazze con il velo fumavano sulla soglia di una scuola. Un moderno ammiratore dello storico frisone Ubbo Emmius procedeva verso Hoogland e osservava le ruote della sua bicicletta che si tingevano sempre più di bianco ad ogni giro, ma lasciavano dietro di sé solchi neri. Le tortore si rifugiavano in cima ai camini.
Qualcun altro in quel momento indossava un costume da bagno sotto il sole cocente di Copacabana.

giovedì 2 febbraio 2012

Matteo, Lisbona, Portogallo


Alicia è una bimba di cinque anni col viso furbo e sveglio di una studentessa d'arte della Sorbona. In testa ha uno stupendo disegno di treccine che terminano sulla nuca in codine lasciate a dondolare come piccole liane; ha il colore creolo di quelle caramelle di zucchero fuso (che, non s'è mai capito perchè, tutti le chiamavano “caramelle d'orzo”- forse per la sfumatura, appunto) che le nonne preparano per i nipotini, e profuma di pasteis, i deliziosi pasticcini di crema e cannella che, quaggiù, sono più popolari di Cristiano Ronaldo. Luis ha sette anni, è un rapazinho molto intellingente che, con molta pazienza, mi ripete le domande anche tre o quattro volte allorchè non son sicuro di everle intese e, in cambio del mio aiuto nei compiti di matematica, corregge ridacchiando la mia pronuncia, a detta di tutti tipicamente spagnola. Emanuel ha diciotto anni, ha la faccia e i muscoli da rapper incazzoso, quando sono arrivato credevo mi guardasse storto, poi ha scoperto che suono la chitarra e si è presentato con uno scassatissimo amplificatore fender in mano, e allora gli ho insegnato a fare il blues e, per il tempo di quelle quattro pennate imprecise, mi son sentito orgogliosamente più nero di lui. Bruna ha nove anni, è pallida e biondina e peperina, e ieri sera ha organizzato una sfilata nel corridoio, con tanto di movimenti pelvici imparati su disnei cennel, dove io ero il pubblico entusiasta. E poi c'è Hector, c'è Joyce, ci sono Diogo e Cristiano, Miguel, Marisa, Sandrinha, Gilda; e ognuno ha origini mozambicane, angolane, brasiliane, capoverdiane, portoghesi, spagnole, ma nessuno si sente portatore di una linea di sangue puro, come i piselli degli esperimenti di Mendel. La questione razziale, qui, non esiste proprio, oppure non l'ho ancora conosciuta. I poliziotti, nella Metro, son più giovani di me e vederne un de cor non fa certo specie. Sarà perchè lavoro in un centro di accoglienza dove ragazzi e bimbi di varie età crescono tutti assieme, ma sembra veramente che del colore importi gran poco a tutti. Sabato mattina sono arrivato, il guardiano mi ha detto che i bimbi erano tutti a giocare a futsal (calcetto) insieme ad un ragazzo che li allena, io mi son fiondato per partecipare e, quando sono arrivato, ho chiesto com'erano le squadre, per ricevere in tutta risposta un placidissimo e per niente scandaloso “Bianchi contro neri!”. Non sarà politicamente il massimo della correttezza, ma è di una spontaneità disarmante e allegra che mi da fiducia. E poi c'è la domenica (qui solo sabado e domingo son giorni degni di avere un nome, gli altri si chiamano per numero). Qui, geograficamente parlando, mi son trovato bene praticamente da subito: il trucco sta nel sapere sempre da che parte sta la foce del Tejo, verso cui stanno il centro ed il porto (Sud). Verso Nord c'è il resto, e le strade, in fin dei conti, portan da quella parte lì. Alla domenica mi armo di chitarra e me ne vado a fare un giro solitario per parchi, strade, monumenti, mercati, quel che c'è. L'ultima son andato a caccia di graffiti e ne ho trovati di notevoli, dipinti su palazzi che la crisi ha reso inabitati e inoccupati. Atè a proxima quinta.




mercoledì 1 febbraio 2012

Il bello della TV (Felice, USA)

Non ci sono ancora riuscito a fare lo zapping completo di tutti i canali, dal primo all'ultimo, in una sola sera. Sono centinaia, letteralmente. Da canali generalisti a quelli tematici. Da quelli di intrattenimento a quelli impegnati. Perfino alcuni canali di nicchia. Non sono un assiduo telespettatore. Mi è capitato di accendere la TV in giorni diversi e a diversi momenti del giorno e della notte. Fa un pò effetto scoprire che molte delle trasmissioni che vengono trasmesse dalla TV italiana sono ispirate, se non copiate, dalle trasmissioni statunitensi. E si sa, l'originale è sempre meglio della copia. Quasi sempre. In certi casi la trasmissione è proprio identica a quella vista in Italia, dai tratti somatici del conduttore alla grafica del computer. Vale per alcuni programmi di quiz specialmente. Niente di strano. Ci sono aziende specializzate a produrre format, e quindi il concetto e l'allestimento delle trasmissioni viene venduto tale e quale in tutto il mondo. Solo che quando guardo la stessa trasmissione alla TV americana non mi capita di sentirmi subdolamente preso in giro. Le trasmissioni italiane hanno  sempre una variante infatti, sempre la stessa: una donna giovane ed avvenente semivestita. Una donna giovane ed avvenente semivestita che ti ammicca dalla mattina alla sera, che cerca di sedurti 24 ore al giorno. Di continuo. Imperterrita.  Che proprio non capisce  che neanche se fosse Venere in persona riuscirebbe nel gioco della seduzione 24 ore al giorno per 365 giorni all'anno. Lo dico da uomo, da maschio. Certo, gli USA sono la patria di Playboy e vantano la più grande industria pornografica del pianeta. Ma Playboy e la pornografia non mi vengono imposte. Uno al limite se le sceglie, va a trovarsele. E' questo che la donna della TV italiana e soprattuto chi decide di esibirla in quello stato non capisce. Non capiscono (e come potrebbero?)  che non sono proprio del tutto scemo. Anzi, non sono scemo per niente! Buona visione.