giovedì 12 luglio 2012

Finalmente un pò di sole (Picchi, Bruxelles)




Chiedo perdono per il silenzio.
Sono a Bruxelles da quasi due settimane e oggi vedo il sole per la prima volta.
Pensare che il resto d’Europa soffoca nel caldo mentre qui ci si avvolge ancora in golfini e, se tira vento, ombrelli ha un che di surreale. Bruxelles in sé ha un nonsoché di surreale: per prima cosa Bruxelles non è Belgio. La presenza del palazzo reale non basta a compensare la massiccia presenza di persone che lavorano nell’ambito della Commissione Europea. La sede dell’Alliance française dove seguo un corso di francese è vicina al cosiddetto Quartiere Europeo dove si trova la sede della Commissione, del Parlamento e di tutti gli uffici e agenzie a loro affiliati. Ogni mattina faccio il viaggio in metro con questo esercito di ventiquattr’ore e facce lunghe (come biasimarle con l’aria che tira e questo tempo?). Si sentono parlare tutte le lingue tranne il francese! E dire che sono venuta qui appositamente per imparare la lingua di Molière.
L’altra presenza imponente è quella araba e africana. Vi è addirittura un vivace quartiere africano: Matongè. Non m’era mai capitato prima d’ora d’essere la sola persona dalla pelle chiara in metro!
Insomma non è facile farsi un’idea di chi siano i belgi.
Un aspetto di questa città che mi ha colpita è il fervore letterario dei cittadini. I bruxellesi sono un popolo che legge: che si tratti della metro intasata di gente, della fermata del tram, con panchina o senza, i bruxellesi leggono ovunque.

Per quanto debba ammettere di non aver conosciuto dei veri bruxellesi posso dire di aver incontrato diverse persone interessanti nel mio corso. Innanzitutto c’è la ragazza venuta dalla Cina per studiare il cattolicesimo a Bruxelles che non ha mai sentito parlare dei Beatles (!). Poi c’è lo spagnolo che s’addormenta tutti giorni in classe esattamente pochi minuti prima della pausa e quello che si commuove ogni qualvolta si parli del suo paese. C’è la giovane impiegata all’ambasciata della Georgia appassionata di gossip politici. Insomma, una classe interessante no?
Ora esco per approfittare del sole!

domenica 8 luglio 2012

Citta' di coccio, Vanessa

Quest'estate ho deciso di prendermi una vacanza con la mia bimba e sono tornata a Firenze per riassaporare i sapori e gli odori di anni passati. Ho trovato pero' solo pezzi di coccio impolverati e da rimettere insieme. Arrivata in Toscana mi sono fatta un giro per la val di cornia e che bellezza le passeggiate nelle pinete di pomeriggio! Sono appena arrivata in citta' e sembra che il tempo non sia passato. Il mio quartiere sembra sempre lo stesso, l'unica bottega di successo e' il macellaio Paolo con la sua clientela di donnine e mie coetanee rimaste a vivere nella zona. A me mi chiamano sempre la piccina e benche' penso di aver oltrepassato da tempo anche l'eta' adolescenziale, a volte, codesti, mi lasciano il dubbio sulla mia eta' e sul tempo passato. Mi vien da sorridere quando, ognuno di loro ( e qui si intende il vicinato e conoscenti di una vita) mi chiedono come gli e' la vita a Londra. I primi anni rispondevo che non lo sapevo, io abito parecchio piu' a nord, dicevo, ai confini con la Scozia. Ma ogni volta che torno e' sempre la stessa storia e allora da quando mi hanno chiesto se avevo assistito e celebrato il matrimonio reale dei principi ho risposto con ghigno di si, ma a modo mio. Per alcuni Inghiltera e' sinonimo di Londra. E probabilmente ne hanno ragione. Io pero' non so molto di come si viva laggiu', in controcorrente sono andata a vivere piu' al nord, come dicevo, ai confini con la Scozia.
Ritrovo le stesse biciclette ammaccate e mezze distrutte legate ai lampioni del viale, le apine piaggio parcheggiate sotto la solita finestra e gli alberelli di strada con gli stessi rametti di sempre. Il tempo sembra non passare qui. Quando guardo le foto di quando ero bambina ne sento gli odori e capisco che in questo il tempo passa e sono io a non accorgerne. E poi forse e' meglio cosi'. Mi rende l'infanzia sempre presente.

giovedì 5 luglio 2012

Vacanze (Gechi, pianeta Terra)


Per il prossimo mese niente blog. Ho deciso di venire in Italia per un po' e senza computer. Afa o non afa, ho bisogno di calore e so dove trovarlo. A volte il Canada, con la sua efficienza, la razionalità, il distanziamento da ogni passione troppo travolgente, mi avvolge di un tepore rassicurante e anestetico. 
Qui ognuno rispetta lo spazio altrui e il viaggio altrui. Si lascia che ognuno sbagli a modo suo, ci si aspetta che ognuno si arrangi da sé e trovi la propria strada. Non ci sono dogmi e codici rigidi, ma senso pratico e individualismo pragmatico.
Appena arrivi in Canada senti subito tanto spazio attorno e lo scambi per libertà. O solitudine? O entrambe, o quello che vuoi fare della tua vita, senza che la tradizione ti dica come. Puoi fare tutto, se ci credi davvero, e lo stato non è un burosauro che ti ostacola e soffoca, ma il garante del rispetto del vivere civile. 
Le praterie sconfinate qui ci sono davvero, i laghi infiniti, le foreste "giurassiche" dove uno può camminare giorni senza incontrare un essere umano. E respirare, annusare, toccare, ascoltare il silenzio, lontano dalla follia urbana.
L'Italia è un Paese da odiare, amare, farci a pugni, rotolarsi sui prati. Forse è più facile vivere dove sai cosa aspettarti dalla società civile. Ma generalizzare è inutile; ogni individuo, ogni mondo è un enigma.
Questi son discorsi di uno che, fondamentalmente, ovunque andrà, sarà sempre un forestiero curioso.

martedì 3 luglio 2012

La tripletta (Gechi, Canada e Spagna)

Il sindaco socialista di Parigi, Bertrand Delanoë, è in visita nel Québec e ha richiesto un incontro informale con i rappresentanti del movimento studentesco. Le presidenti della Fédération étudiante universitaire (FEUQ), Martine Desjardins e della Fédération étudiante collégiale (FECQ), Eliane Laberge, hanno accettato l'invito, mentre la Coalition large de l'Association pour une solidarité syndicale étudiante (CLASSE) lo ha declinato, per motivi di indipendenza da qualsiasi partito politico.

Meno male
che non abbiamo vinto. Ci saremmo montati la testa, gonfiati a dismisura e dimenticati del lavoro che va ancora fatto. Così invece abbiamo ottenuto un Europeo dignitoso, una bella sorpresa per il mondo, una riforma stilistica in atto e un bel progetto sportivo e morale che è appena iniziato.
E poi, onore alla squadra spagnola, una leggenda.

lunedì 2 luglio 2012

Il sacco blu (Mate Lisboa Portugal)

RiTrovarsi, dopo anni, davanti al sacco appeso al muro è stato sorprendente. Aveva una consistenza conosciuta. Credevo di aver dimenticato la posizione, la scioltezza, il sùeggiù costante nelle gambe, lo scatto del sinistro, la giusta distanza dall'avversario. Ed in parte, in effetti, è stato così; ma dopo una mezzora circa  ho cominciato e riconoscere come il sentore di quello spirito riflessivo e autoipnotico che ti da la boxe. Avanti, indietro, sinistra, avanti. Esquerdo, esquerdo, direito. Il jab non dev'essere potente, l'importante è che sia veloce, come lo scatto del cobra. Tac. Tac. Su e giù, su e giù - I glutei si contraggono, il tronco si torce, la spalla viene in avanti, sfrutti il movimento delle gambe - mira in alto, inspira col naso, espira grugnendo in corrispondenza della botta: c'è poco da fare, la ripetizione dei movimenti diventa automatica, scandita dai tre minuti a mille, intervallati da uno sempre troppo breve, e insomma si comincia a pensare. Ho pensato all'arrivo alla stazione di Porto, che anche lì c'è un fiume, e il treno passa sopra uno dei sette (?) ponti di ferro ad arco che lo guadano, molto retrò, en pendant col centro della città, voilà. Cazzo, siamo a metà giugno, possibile che ci sia la nebbia? Non era nebbia, bensì latteo fumo di sardine abbrustolite: a banchi, a containers, a pescherecci, a milioni, come in una gigantesca moltiplicazione di biblica memoria. Festa di Sao Joao: gente, quanta ne vuoi, un fiume. I martellini di plastica sonora che, per tradizione, bisogna sbattere sulla testa a chiunque si incontri, producono una rumore continuo, ossessivo, e ogni sei metri c'è un bimbo che ti caccia sotto il naso un fiore viola che odora d'aglio, ma dice che porta fortuna. Una strega, due, tre, tutte mi ricordano te, quattro, cinque, sei, ma se non so neanche chi sei, sette, otto, di donne qua ce n'è un botto, nove, dieci, millanta, e la mal di testa è tanta. Bam, Bam, BAM! Tieni la guardia quanto parti col destro! E poi la partita, volevi sapere come l'ho seguita io, Lettore? Gli europei di futebòl sono stati motivo di incontri, conversazioni, miglioramento dei rapporti di lavoro, good vibes inviate verso casa, urla occasionali, financo spiegazioni sul perchè "mi piace il calcio dal punto di vista sociologico". E poi siamo andati a vedere la finale con tutti gli amici spagnoli, e vabbè, è andata così. N'imbarcata. Eduardo mi ha detto vamos, è solo futebòl, ma c'aveva un sorriso da un'orecchio all'altro, grazie tante. Lì è stato un po' meno bello, tifavo per noi. Però tutto il Portogallo stava dalla parte dell'Italia, a parte un bambina di dodicianni, Andreia, che mi ha rivelato che le piaceva di più la Spagna; ma lei non conta, perchè è sempre contro. Estas, triste, eh? mi dicevano tutti oggi. Sulle punte, sempre sulle punte, pianta quel jab  ben là in alto. Penso alle occasioni che ho perso nelle ultime settimane e poi penso al consiglio di un amico, che m'ha detto ricordati il detto del vecchio cinese: non so se questo è bene o se questo è un male. Direito, esquerdo, esquerdo, tens que fazer como un toureiro, jogo de pernas, esquerdo, direito, vai pa frente...