martedì 28 agosto 2012

Aeroporto di Victoria, Canada (Gechi)

Ultimo messaggio dai margini di Victoria, all'aeroporto internazionale, che mi trova allegro e felice di partire. L'amico Bruce mi ha accompagnato, ascoltando una cassetta (sì, esistono ancora) dei Talking Heads, Speaking in Tongues. Musica giusta, specie Burning Down The House, canzone che parla di rinnovamento radicale (bruciare per ricostruire).
Aeroporto tranquillissimo alle 10 di mattina, tutto colline attorno. Sulla superstrada abbiamo visto un falco appollaiato su un lampione. Dall'aereo vedrò l'oceano, le bellissime isolette attorno a quella principale, e poi un po' di Rocciose se non ci saranno nuvole. 
Qui ciò che dovevo dire l'ho detto, quello che dovevo fare l'ho fatto. Gran belle esperienze, ma la storia è conclusa.
Sono libero, niente mi trattiene a Victoria; perché dovrei farlo io?

martedì 21 agosto 2012

Ultima da Victoria, Canada (Gechi)

Et voilà, ultima settimana nel paese degli sbadigli. La casa è sossopra, scatoloni e pareti vuote, ma io no, io sono contento, emozionato, forse un po' impaurito del mio stesso coraggio. Ma è arrivata l'ora di andare, di volare via, di stare vicino a mia figlia (e meno lontano dall'Italia) e a me stesso, alla mia vera natura. Mi son represso lentamente, a furia di stare qui. E meno ero me stesso, meno venivo accettato dal mondo esterno, dalla gente, dai rapporti sentimentali. Adesso volto le spalle e me ne vado, senza litigare, senza discutere, senza bussare più alle porte chiuse.
Faccio gli ultimi giretti panoramici della città e delle foreste attorno. Corro sul lungomare di mattina presto e sorrido a tutti, anche a quelli che corrono guardando per terra e quasi ti si sbattono addosso. Guardo le nuvole sopra le montagne imbiancate; guardo i gabbiani che cagano dappertutto, senza pietà; guardo i ciclisti attillati come mortadelle; guardo i cani al guinzaglio e con il gilet riflettente; guardo i suonatori di bonghi e didjeridoo, felici e spensierati (e sballati); guardo la polizia in bicicletta, versione moderna della "Montata" a cavallo (v. L'uomo del Grande Nord, Hugo Pratt); guardo i ricordi, 20 anni di vita, Sofia che impara a camminare, a parlare, ad andare in bici, a leggere e a scrivere; guardo Sofia che prende l'aereo per trasferirsi a Toronto, 4 anni fa; guardo i miei ostinati tentativi di far funzionare una storia d'amore che non potrà mai; guardo un finale banale, triviale, da telenovela, e il tentativo di idealizzarlo e trasformarlo; guardo le bugie che mi ero raccontato e a cui non credo più.
E poi mi giro e vedo tanta luce, e gente che sorride, e amici che forse verranno finalmente a trovarmi, e tante cose nuove e stimolanti.
E mi viene in mente una canzone allegra di Vinicio Capossela:
Una giornata perfetta

lunedì 20 agosto 2012

Free Pussy Riots, e' ovvio! Vanessa, NCL UK

Free pussy Riots e non potrebbero essero di meno in queste circostanze. 
Quando alla radio ho sentito la notizia della condanna di tre anni, mi si sono rizzati i capelli; non solo per la notizia ma anche per il commento fatto da chi era nella stessa stanza : " Beh, almeno tre anni e' meglio di sette e poi diminueranno per buona condotta". NO. Non va bene per niente, ho risposto, non ci si puo' e non si deve piu' accontentarsi. Specie nelle ingiustizie. Mi sono stancata di accontentarmi. 
Ci si accontenta a lavoro, in famiglia, nelle relazioni interpersonali, in quelle sociali. 
Come e quando spiegare a mia figlia che cosi' non va proprio bene?

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Prometto, il prossimo articolo sara' completo e articolato
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martedì 14 agosto 2012

Volta la carta (Gechi, verso Montreal)

Dopo 20 anni nel Canada occidentale, anglofono e anglofilo, ho deciso. È ora di cambiare, vado a vivere a Montreal. Partirò martedì 28 agosto, giorno in cui non scriverò il blog. Ci vado via Toronto, per recuperare Sofia, portarla a Sherbrooke (Québec) dove andrà all'università e farmi mollare appunto a Montreal. Un vecchio amico mi ospiterà a casa sua finché non mi sistemerò. Abita nel cuore della Petite Italie. Meglio di così…
Tra gli estremi del'Italia da una parte e della West Coast dall'altra, forse ho trovato il giusto mezzo. Dirò di più man mano che conoscerò, ma già so che i canadesi francesi si divertono di più, socializzano di più, cazzeggiano di più, protestano di più, vivono di più.
Dopo un mesone di vacanze in Italia, son tornato a una Victoria tranquilla e pulita, con tutto perfettamente sotto controllo. La prima sera vado a un festival folk, tutto speranzoso. Arrivo in bici, non mi lasciano inlucchettarla davanti all'entrata, potrebbe creare congestione (c'erano quattro cani dentro, altro che Sherwood), ma mi mandano al parcheggio per bici custodito; mi danno anche un bollino di riconoscimento. Entro e mi mettono un braccialetto colorato, mi perquisiscono lo zainetto (non suona Bruce Springsteen, ma qualche gruppetto locale). E va bene. Girello un po', il campo da calcio adibito è occupato dal festival nemmeno per metà. Di fronte al palco, dove suona una band pallosissima, c'è uno spazio separato da alte transenne tipo gabbie da leoni al circo. Benvenuti alla zona bevande alcoliche (birra o sidro). Per bersi un boccale, devo entrare la zona recintata, dopo aver dichiarato di possedere un documento di identità per dimostrare che sono maggiorenne (ho 50 anni e la barba pepe e sale) in caso di ispezioni, e dopo aver preso il secondo braccialetto, senza il quale non si può bere.
Mi sono seduto e, mentre sorseggiavo, mi è venuto da piangere. Tanto valeva andare a vivere in Svizzera. Finita la birra me ne vado, non è cosa. Tornando verso casa, dopo aver consegnato lo scontrino e ritirato la mia bici, parcheggiata ordinatamente accanto alle altre, qualcuno mi passa accanto in auto e mi urla di mettermi il casco (obbligatorio solo in BC). Stavolta mi viene da ridere. Il paese delle nonne.
Di Victoria mi mancherà la natura, il verde, il mare. Mi consolerò vivendo in una città vibrante, frequentando gente da tutto il mondo, mangiando e bevendo allegramente nei bistrot, senza tutte le assurde limitazioni del Canada inglese. Potrò tornare a comprarmi il vino al supermercato, cazzo. E girerò in bici spensierato, senza prendere multe per non portare il casco. E se l'inverno sarà freddo, mi scalderò tra le braccia di una bella francese. O sudamericana. O africana. O asiatica. Chissà.